Primo full length (dalla dubbia data di realizzazione), ad aprire magnificamente la carriera di Nargaroth. “Herbstleyd” è un un disco dalla bellezza ineguagliabile, un lavoro assolutamente unico che non ammette termini di paragone, partorito con la genialità di una mente capace di stupire seppur con la ripetitivià dei temi struggenti e disperati tipici di ogni composizione firmata Nargaroth, a partire da questo primo capolavoro. L’opener, nonchè omonima traccia dell’album, racchiude nei suoi 14 minuti, tutta l’angoscia e il tormento di un’esistenza malata destinata a scomparire. La song si districa tra parti veloci abbastanza canoniche, e passaggi lenti e cadenzati, dove ai riff travolgenti e sofferti si affianca un tappeto tastieristico quasi epico e letteralmente da brivido, che crea una trama melodica impossibile da dimenticare. Stessa cosa dicasi per il pezzo più lungo dell’album, ovvero la quinta “Amarok -Zorn Des Lammes”, di cui verranno riproposte la seconda e terza parte nei successivi “Amarok” e “Black Metal Ist Krieg”. Quasi venti minuti, lunghi, pesanti e annichilenti, con un guitar riffing zanzaroso in sottofondo sostenuto dalle solite note di tastiere, assolutamente indispensabili per ricreare l’atmosfera mesta e rassegnata che predomina per tutta la durata dell’album. Ululati, sinistri silenzi e il rumore del vento (temi oramai abusati…) portano alla conclusione questa perla per dare inizio a “Das Schwarze Gemälde”, traccia interamente strumentale, che, per la sottoscritta, rappresenta un autentico inno al suicidio per il grado di devastazione che provoca. Lo scenario è solenne e magnifico, stupende come sempre le tastiere che in quest’occasione predominano ampiamente dando vita ad uno degli episodi maggiormente d’effetto, capace di scavare a fondo nell’anima dell’ascoltatore, il quale sprofonda inevitabimente in un baratro di agonia senza fine. Le tracce orientate verso un black più canonico non sono da meno e seguono comunque uno stile inconfondibile, riuscendo a smorzare la “pesantezza” delle parti più atmosferiche e suggestive. La produzione, torbida ma mai eccessivamente sporca, conferisce un tocco di marciume in più, ad un’opera elegantemente devastante come questa. Un disco a mio avviso ineccepibile che riesce ad amalgamare perfettamente sonorità raw a lunghi e insostenibili passaggi “depressive”, anche se il termine non è del tutto appropriato. Non mi resta, come di consueto, che sconsigliarne l’ascolto ai “trù ivol” black metallers… per il resto, ascoltare per credere. Support Germanic and Misanthropic Metal!!!
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