“Black Metal Is Intolerance!”, con questa minacciosa e condivisibile frase si presentano gli olandesi Infinity, band che, nonostante risulti sconosciuta ai più, é attiva dal lontano 1995 ed é giunta all’invidiabile traguardo del quarto full length in soli tre anni. Il trio di Zevenhuizen è dedito ad un black feroce e potente ma intriso di melodia e caratterizzato dall’efficace alternarsi di parti più tirate e veloci, che possono ricordare alla lontana l’atmosfera sulfurea e oscura dei primi Marduk, con momenti maggiormente cadenzati e riflessivi. Proprio in questi passaggi il gruppo dà il meglio di sé con aperture melodiche di ampio respiro, cariche di un feeling gelido e mortifero vicino ai Dissection di “The Somberlain”. In questi frangenti si può apprezzare in pieno il buon lavoro in sede compositiva dei due chitarristi Andras e Quasar, le cui trame si inseguono a disegnare intrecci pregni di sensazioni meste e malinconiche. Purtroppo il riffing appare molto meno ispirato nelle parti più tirate, così come il cantato di Balgradon Xul (già negli Ornaments Of Sin) è appiattito su uno screming decisamente troppo monocorde e privo di sfumature espressive. Alcune songs sono piuttosto sotto tono (“The Necromantic Kiss” su tutte) e non ottengono altro risultato che quello di appesantire oltre modo l’ascolto. Senza questi inutili riempitivi l’album sarebbe risultato senz’altro più scorrevole e di maggiore impatto. Per fortuna non mancano i momenti in cui il gruppo riesce ad esprimersi su livelli accettabili, anche se certamente non trascendentali che, uniti ad un concept basato sulla mitologia e sulla magia egizia e medio orientale, consentono a questo lavoro di raggiungere una piena sufficienza. In definitiva un disco assolutamente nella media, non fondamentale ma neppure disprezzabile: a voi la scelta.
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