Nel suo piccolo, “Evoke” dei giapponesi Sabbat è un disco seminale perché rappresenta per la scena metal del Sol Levante quello che “I.N.R.I.” dei Sarcofago ha rappresentato per la scena brasiliana o quello che “Welcome To Hell” dei Venom ha rappresentato per la scena mondiale: uno spostamento verso l’alto dell’asticella della violenza sonora e della blasfemia, un punto di partenza con il quale i gruppi a venire dovranno in un modo o nell’altro fare i conti. Seconda fatica sulla lunga distanza (dopo il debut “Envenom”, dato alle stampe nel 1991) per la band nata nel lontano 1984 e capitanata dal carismatico leader Gezol, questo lavoro è ancora molto legato al classico sound di Cronos e compagni ed alla lezione impartita dall’imprescindibile accoppiata Hellhammer/Celtic Frost: rigurgiti N.W.O.B.H.M., esplosioni thrasheggianti, velocità, vocals rauche ed urlate, caos e sporcizia, tanta voglia di shockare e di fare più casino possibile seguendo le orme dei propri beniamini musicali. Il sound dei Sabbat è sicuramente derivativo e figlio del suo tempo ma è in qualche modo anche un ponte tra la vecchia ondata di metal estremo e la nuova marea nera che comincia a far sentire pure in oriente i propri influssi dalle fredde lande scandinave (già l’anno successivo vedrà la luce “Scorn Defeat” dei Sigh). Forse non un capolavoro indiscusso (basti pensare che in quello stesso anno furono pubblicati “A Blaze In The Northern Sky” e “Burzum”) ma un album di culto ed importante per la scena giapponese, che vale certamente la pena di riscoprire.
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