Summoning – Oath Bound

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I Summoning non appartengono a questo mondo, sono i cantori malinconici e disperati delle antiche gesta dei guerrieri e degli esseri favolosi che popolano la Terra di Mezzo, sospesi in una dimensione onirica impalpabile come la bruma che circonda la vetta delle montagne più impervie e oscura come le foreste che non hanno mai visto la luce del sole. A ben cinque anni di distanza dal precedente capolavoro “Let Mortal Heroes Sing Your Fame”, intervallati soltanto dal mini cd “Lost Tales” del 2003 contenente due lunghe tracce di tastiera, Silenius e Protector sono pronti per trasportarci nuovamente nel loro universo parallelo dove le creature e i paesaggi nati dalla prolifica mente di J.R.R. Tolkien diventano più vivi e concreti del mondo reale che ci ammorba quotidianamente con la sua squallida e insopportabile mediocrità. Dalla svolta stilistica avvenuta nel 1995 con lo splendido “Minas Morgul”, gli austriaci non hanno in realtà mai cambiato una virgola del loro approccio al black metal così particolare ed originale che li ha resi una realtà assolutamente unica nella scena estrema internazionale. Nemmeno il presente “Oath Bound” costituisce una novità, ma riesce a stupire per la rinnovata capacità di creare atmosfere vaghe e drammatiche, cariche di un pathos tragico che conferisce alle composizioni un afflato epico davvero inimitabile. Lo stile è quello di sempre, supportato in questa come nella precedente release da una produzione più nitida e chiara rispetto ai lavori del passato, che mette in risalto lo speciale mood cui dà vita la band sottolineandone alla perfezione ogni sottile cambio di umore. Dunque songs dal minutaggio assai corposo, scandite dall’andamento cadenzato della drum machine e da un riffing potentemente evocativo, circolare ed ipnotico. Ogni pezzo è un episodio di un viaggio misterioso attraverso ignote terre di sogno, un tassello prezioso per la descrizione di illustrazioni da fiaba, delicate e magniloquenti come l’immagine raffigurata nella cover: dalla potente “Across The Streaming Tide”, a “Mirdautas Vras”, la prima canzone scritta nel linguaggio nero di Mordor il cui titolo si può tradurre come “A Good Day To Kill”, fino alla conclusiva, disperata, “Land Of The Dead”, che con i suoi cori maestosi e le sue tristi melodie racchiude il vero senso del termine “epico” applicato alla musica. Un album meraviglioso, un gioiello di pura e incontaminata bellezza, l’ennesimo capolavoro di un gruppo che, lontano dai riflettori, con dedizione e attitudine, ha costruito passo dopo passo la propria strepitosa carriera.

REVIEW OVERVIEW
Voto
85 %
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summoning-oath-boundTRACKLIST <br> 1. Bauglir; 2. Across The Streaming Tide; 3. Mirdautas Vras; 4. Might And Glory; 5. Beleriand; 6. Northward; 7. Menegroth; 8. Land Of The Dead <br> DURATA: 69 min. <br> ETICHETTA: Napalm Records <br> ANNO: 2006