Come un fulmine a ciel sereno, nell’ormai lontano 2000 vide la luce (delle tenebre) questo entusiasmante full length d’esordio dei finlandesi Behexen, band che nel giro di qualche anno e grazie ad una manciata di releases davvero convincenti riuscirà a ritagliarsi il proprio spazio di tutto rispetto nel panorama oscuro del black metal più feroce ed iconoclasta. In pieno revival raw black metal (in quello stesso anno fu pubblicato anche “Kill For Satan”, debutto dei norvegesi Tsjuder), i nostri vomitarono su una scena per molti versi stantìa questo concentrato di odio in salsa satanista, che recupera elementi tipici della scuola finnica d’annata (primi Beherit su tutti) e si ricollega direttamente, sia a livello musicale che iconografico, alla migliore tradizione della così detta seconda ondata norvegese. Ciò che colpisce all’ascolto di questa opera prima non è ovviamente l’originalità quanto piuttosto l’esplicita malevolenza musicata dal gruppo, che pare davvero coinvolto ed autentico (aspetto che andrà scemando un poco nelle successive, pur valide, uscite, come accaduto ai conterranei Sargeist). Questo approccio naif è a mio giudizio la chiave di fruizione di un album che bada al sodo e sferza emotivamente l’ascoltatore, travolgendolo con una cascata di riff tritaossa, blast beats come se non ci fosse un domani ed un mood rituale da mettere i brividi, che rappresenta il sogno proibito di centinaia di black metal bands sparse per il globo. Si ha a tratti addirittura l’impressione che i nostri suonino scoordinati l’uno dall’altro, senza un preciso costrutto ma si lascino semplicemente trasportare dalla loro maligna ispirazione, dando libero sfogo alla loro vocazione anticristiana ed al loro istinto caotico. Altro aspetto vincente, ma che al tempo stesso potrebbe rappresentare un ostacolo per l’orecchio meno abituato al grezzume ed alla follia, è la viscerale prova vocale del singer Hoath Torog, che nel liberare le sue urla belluine e selvagge e le sue orazioni funeste sembra veramente un demone uscito dal più profondo e nero inferno. Semplicemente impossibile per qualunque fan della vecchia scuola restare indifferente di fronte all’invasata violenza dell’opener “Sota Valon Jumalaa Vastaan” o alla carica primordiale di “Night Of The Blasphemy”, peraltro impreziosita da reminescenze thrash che ne aumentano esponenzialmente il tasso di violenza. E questo solo per citare i due migliori episodi del lotto. “Rituale Satanum” è un disco genuino e diretto, che non si nasconde dietro a cervellotiche divagazioni e ripropone con personalità gli stilemi del black metal più classico, quello gelido e senza compromessi che tanto scalpore fece nella prima metà degli anni novanta: una delle più credibili testimonianze di blasfemia in musica che il nostro genere preferito ci abbia mai lasciato
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