Mai sentiti prima d’ora ma attivi da oltre un decennio i tedeschi Bergthron giungono con “Faust Für Faust” al loro quarto full length. Ad aprire l’opera la title track, il pezzo forse più convincente sulla scia del genere che abbracciano i nostri. Tipici cori e clean vocals accompagnano sonorità epicheggianti che prospettano poco più di quaranta minuti di pagan black metal nella sua forma più classica e genuina, ulteriormente arricchita da strumenti quali violini, tastiere e chitarre acustiche che danno un tocco folk a rendere ancora più varia e interessante la proposta musicale di questa già avviata band. Ciò che segue purtroppo smonta ogni aspettativa; le buone idee restano nell’aria e non vengono pienamente sviluppate a favore di un sound a mio avviso fuori luogo e snervante che trasforma l’album in questione in un disco quasi completamente heavy metal. Infatti i pezzi sono praticamente costruiti su un guitar riffing di classica matrice metal, puro e semplice metal alla Manowar capace di distruggere ogni atmosfera solenne che mai sopravvive per più di un minuto, dandoci giusto il tempo di assaporare quel feeling magico tipico del pagan, che in questo caso riesce a prendere le distanze anche dal black metal di cui ci regala pochissimi passaggi. L’intenzione di fondere due stili diversi scindendo tuttavia gli elementi caratteristici di ogni genere in maniera così evidente penalizza fortemente la resa dell’album; la band non riesce a trovare il giusto equilibrio sfornando pezzi quasi interamente classic metal, come la terza “Reigen Der Waldjungfrauen” (che ha rischiato di causarmi una crisi convulsiva…), dove tra l’altro fa la sua comparsa una voce femminile del tutto inutile. La durata dei pezzi, di oltre dieci minuti ciascuno, fa scadere l’album nell’eccesso e dimostra ancora una volta il mancato senso della misura dei nostri, che tra l’altro optano per una produzione fin troppo cristallina e tutt’altro che incisiva. A concludere il lavoro una traccia sognante, dove ancora una volta è presente una voce femminile che intona un canto tipicamente pagano, intriso di una delicata bellezza capace di incantare l’ascoltatore. Purtroppo non sarà l’outro a salvare questo prodotto, ricco di spunti interessanti sviluppati solo a metà, che gli fanno conquistare a stento la sufficienza.
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