É davvero superattivo Sin Nanna, mastermind del progetto Striborg, che giunge con questo “Solitude” all’ottavo album, il secondo nel corso del 2007 a pochi mesi di distanza dal precedente “Ghostwoodlands”. Nonostante questa ipertrofia produttiva, i lavori del nostro sono sempre di buona qualità, specie se si ama un black metal fortemente atmosferico e depressivo contaminato da massicci inserti ambient. I pezzi che vanno a comporre questo album non si discostano di una virgola dall’ormai classico trademark della one man band australiana e procedono fangosi e pachidermici trascinando l’ascoltatore in un abisso nebbioso e freddo. I riferimenti stilistici sono quelli consueti: Xasthur, Elysian Blaze e Leviathan su tutti, ma alcuni riff non sono troppo distanti dal Burzum di “Filosofem” o dai primi Manes. Anche la prova vocale, particolarmente sofferta e lacerante, richiama in più di un frangente il cantato del Conte, mentre in altri momenti si traduce in un rantolo malato e velenoso. La produzione è, come sempre, estremamente grezza ed artigianale e sottolinea alla perfezione l’andamento mortifero e paludoso di questo disco. La componente in senso lato “funeral” è ben presente ed è decisiva nel rendere quest’opera, come ogni lavoro targato Striborg, assolutamente sinistra, tormentosa ed oscura. Nessuna evoluzione, solo pura misantropia in musica. Prendere o lasciare. Io, personalmente, prendo.
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