Split che vede coinvolte due band svedesi, concettualmente abbastanza vicine tra loro e stilisticamente differenti ma comunque interessanti. Ad aprire l’opera i Dimhymn, che si avvalgono della collaborazione di Wredhe degli Ondskapt alla voce (nella terza “Projektil”), i cui canoni stilistici sono ben lontani da quelli presenti in questi soli tre brani. C’è da dire innanzitutto che la band si cimenta in un black metal che non trova termini di paragone e che gode di una certa originalità senza mai ricorrere a soluzioni particolarmente sperimentali o a chissà quali espedienti. Con un pizzico d’ingegno la band dà vita ad un lavoro variegato e mai scontato; i pezzi vengono inframmezzati con delle brusche ma brevi interruzioni di piano davvero niente male, per poi riprendere con un andamento in linea generale sempre abbastanza sostenuto. Diversi i cambi di tempo all’interno di ogni brano che non scade mai nella monotonia. Decisamente diversa dal resto delle song, la seconda “The City”, dal sapore ambient-industrialoide che mi ha vagamente ricordato le atmosfere del film “Blade Runner”. Incisiva e diretta anche la conclusiva “Projektil”, spezzata dalle note di un sax, strumento sicuramente inusuale per questo genere (“sperimentato” tra l’altro anche dai Carpathian Forest), e che volge al termine ancora una volta con un affascinante melodia di pianoforte. Solo due i pezzi degli Hypotermia, purtroppo o per fortuna per chi è particolarmente emotivo (quasi venticinque minuti sono più che sufficienti a risvegliare l‘istinto suicida che è in noi). Le coordinate stilistiche sono classicissime: un black metal doom-depressive molto lineare e semplice ma pesante come un macigno sul petto: insomma, una band consigliata esclusivamente agli amanti del genere in questione. Ritmi ovviamente molto rallentati con partiture di batteria monolitiche e ripetute all’infinito così come i riff, circolari e opprimenti, carichi di angoscia e agonia. Non c’è molto altro da aggiungere, tutto suona come da copione ed il risultato è senza dubbio soddisfacente. Un lavoro complessivamente mai pretenzioso e certamente valido che vale la pena di ascoltare almeno una volta.
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