Secondo full length per la band nostrana (nella quale militano i membri dei Locus Mortis), che, sotto le ali della sempre più prolifica ATMF, partorisce un lavoro che non potrà non attirare l’attenzione di quella cerchia di malati dediti al back / funeral più oscuro e marcio che esista. Oltre un’ora di angoscia e agonia liberate attraverso un tappeto sonoro cupo e claustrofobico, in un’atmosfera generale che odora di autodistruzione e morte. La componente black, musicalmente parlando, è scarsamente presente e cede il posto a partiture cadenzate e funeree che potrebbero ricordare band quali Evoken, Until Death Overtakes Me, oltre che i più famosi Nortt. Vocals cavernose e spettrali echeggiano in maniera disturbante disegnando uno scenario mortale perso nell’oscurità del nulla assoluto; ad esse si aggiunge un uso ben azzeccato delle tastiere e degli effetti, il cui suono pare a tratti soprannaturale e celestialmente infernale. Diversi gli intermezzi di natura ambient a smorzare la pesantezza dei brani più corposi, ma non per questo meno opprimenti. Traccia conclusiva dell’album “The Gate Of Nanna”, cover dei Beherit, riproposta in chiave personale con tempi rallentati e quasi del tutto priva del grezzume originale, non male. Un plauso dunque ai nostri per quest’opera di non facile comprensione che sono sicura richiamerà a sé gli estimatori di un genere morboso e fatalmente ipnotico come quello racchiuso in questa perla di infinita disperazione.
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