Nuova e terza fatica per i francesi Nehemah, che dopo “Light Of Dead Star” e “Shadow From The Past” ci regalano un’altra perla nera. Questo album rappresenta una conferma per la band capitanata da Corven ed un’ulteriore prova della qualità del Black Metal francese. E’ “Creeping chaos”, che funge da intro, a dare inizio alle danze. Inquietante e distorto il pianto degli strumenti ci catapulta nell’abisso cosmico, tema portante dell’intero lavoro. La calma apparente dovuta alla prima traccia non fa che amplificare la violenza incontrollata che sfocia alla partenza di “The great old ones”, un inizio figlio diretto di “Light Of Dead Star”, un riffing minimale di chiaro stampo norvegese che sfocia in un inaspettato rallentamento funereo. Atmosfere mortifere tipiche del doom animano e supportano la cavalcata finale, veloce e letale. Così si chiude questo episodio che si discosta dal filo conduttore del resto dell’album, che si rivelerà molto più doom-epic oriented. Subito una pausa per riprendere fiato, “Dead but dreaming in the Eternal Icy Waste ” nella sua semplicità riesce a sottolineare il concept lovecraftiano, le note della chitarra acustica e le lente ed inesorabili pulsazione del basso ci accompagnano definitivamente nei misteri più remoti della nostro psiche. “The Elder Gods Awakening” è epica e sognante, un riffing dissonante e cori lontani sono solo il preludio del caos finale. Un caos più controllato quello di “In the mists of oriors sword”, che continua sulla falsa-riga della precedente song, si nota però la mancanza dei cori che tanto ci riportava alla mente i vecchi Emperor. Vero capolavoro l’attacco frontale di “Taken Away By The Torn Black Shroud” che poi sfocia in un triste e lento riffing che prosegue per gli oltre undici minuti della song, alla fine ci resta l’epica rappresentazione dei misteri dell’universo. Più canonica ma non per questo di minor valore “Conscience in evil”, un altro esempio di come venga rispolverata la furia cieca che ha caratterizzato i primi lavori dei Nehemah. Improvvise quanto inaspettati entrano in scena i suoni delle tastiere, ricordando le atmosfere di “Moon In The Scorpio” dei Limbonic Art. Il disco si chiude con “Through the dark nebulah”, di questa traccia si può apprezzare il rallentamento claustrofobico centrale che fa da tappeto ad un riuscito cantato pulito… e ritornano alla mente gli Emperor. Alla fine del disco ci rimane dentro l’anima solo gelo e terrore, degna conseguenza dei misteri degli Antichi narrati da Corven. Così si chiude un album di grande valore che mostra un gruppo sincero e capace. Da sottolineare l’ottima registrazione, che, anche se grezza, mette in evidenza tutti gli strumenti. Produzione affidata a Ludo Tournier, che cura anche i lavori dei Himinbjorg. Bisogna evidenziare anche come in questo album siano prediletti i tempi lenti e cadenzati a discapito della violenza fine a se stessa, ed è proprio in questi momenti che esce maggiormente fuori la classe dei Nehemah che, grazie a questo Requiem Tenebrae, si confermano mai scontati e mai banali. Un album da avere per tutti gli appassionati del Black minimale ed epico, un’aspettata conferma del precedente e discreto lavoro, una gelida rappresentazione delle tenebre cosmiche.
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