Terza fatica per i francesi Arkhon Infaustus, gruppo che, col passare degli anni, si è garantito una cerchia di sostenitori sempre maggiore. Lasciati definitivamente i metodi ad impatto infantile, i Nostri si dimostrano più esoterici ed oscuri nell’incarnazione di “Perdition Insanabilis”. La proposta musicale è sempre quel Death con molteplici venature Black, il tutto sorretto da una produzione massiccia, nonostante la militanza nella Osmose. L’impatto distruttivo che viene creato è solido e asfissiante, sorretto da una sezione ritmica che può contare sul drumming micidiale di Azk.6, entrato in formazione dal secondo full “Filth Catalyst” e già militante nei Crystalium. Viene lasciato poco spazio alla fantasia compositiva e la struttura delle song è mirata a far male nel suo incedere micidiale. Dopo urla laceranti e atmosfere sulfuree arriva il migliore episodio dell’intero album, “M33 Constellation” cela sotto un’apparente distruttività fine a se stessa delle ottime venature “melodiche” davvero malate e geniali. Un altro episodio che cito è “Six Seals Salvation”, dopo un’intro parlata la furia incontrollata è accompagnata da un riffing sopra le righe. “Profanis Codex LXVI”, invece, rappresenta il momento più atmosferico e cadenzato dell’album, un andamento strisciante ed ossessivo che riesce ugualmente a centrare l’obiettivo di far male. Cantano due membri del gruppo, screaming e growling si alternano e si sovrappongono, il primo viene prediletto nelle parti più tirate mentre il secondo in quelle più monolitiche garantendo un risultato soddisfacente. La musica scorre violenta e inarrestabile senza particolari cedimenti, la durata delle songs si attesta sempre e volutamente sui 5 minuti. Un album, in conclusione, che ha soddisfatto le mie aspettative. Di certo non rappresenta un lavoro innovativo, però evidenzia un modo di concepire la musica personale e senza limiti di etichetta. Per me questo disco può essere tranquillamente promosso. Adesso aspettiamo il prossimo album sperando di potergli attribuire quel titolo di capolavoro che i primi tre non si sono meritati.
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