Illustrare la musica dipinta in questo disco non è affatto semplice perché sarebbe come raccontare un mondo fantastico, una dimensione di sogno solo apparentemente ancorata alla realtà. Secondo lavoro solista di Mortiis, “Anden Som Gjorde Oppror” esce solo ad un anno di distanza dal suo predecessore “Fodt Til A Herske”, del quale rappresenta in sostanza l’ideale continuazione, in un periodo di grande creatività del nostro, che era di recente uscito dagli Emperor e più in generale dalla scena black metal (probabilmente pure per motivi extramusicali) ed era allora impegnato anche nei progetti, simili ma non del tutto identici, Von e Fata Morgana: un album d’atmosfera dove le tastiere, nitide e liquide, tratteggiano paesaggi favolosi, immersi in un medioevo magico e fuori dal tempo, di ispirazione tolkeniana. Due lunghi brani calibrati su linee di synth semplici e notturne, programmate con un piglio orchestrale che mantiene i propri sontuosi e neoclassici equilibri descrittivi, comunque legati alla forma canzone, senza mai sfociare nel minimalismo estremo di “Crypt Of The Wizard” o nell’epica magniloquenza di “The Stargate”. Ambient puro quindi, connesso ad un intento narrativo incarnato anche da brevi testi recitati, che incorniciano il viaggio musicale. Nel vasto rooster dell’allora attivissima Cold Meat Industry, Mortiis era indubbiamente un elemento di spicco e quello probabilmente più legato ad un immaginario ancora black, fatto di foreste popolate di troll, impervie cime montuose, orizzonti innevati, misteriosi castelli immersi nella bruma invernale. Non resta quindi che partire: “I see over there dark forests / And i hear sad voices cry / i see the black shadows of the future, dancing before my eyes / I hear the emptiness in the wolf’s huntinghowl. / And i feel drawn to the unknown / i see a sad world. / I see a dark horizon”.
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