Dopo una serie interminabile di demo e split esce il secondo lavoro sulla lunga distanza della one man band svedese Hypothermia. Un’ora buona di musica opprimente e angosciante le cui coordinate stilistiche non presentano variazioni di alcun tipo rispetto al passato, avvalendosi di sonorità di stampo tipicamente depressive, nella sua forma più classica e pura. Il sound ruota attorno a trame melodiche semplici e circolari che assicurano l’immediatezza dei pezzi, estremamente omogenei tra loro. Tuttavia, tale scelta, non sempre produce gli effetti desiderati, a cominciare dall’opener. Quest’ultima è infatti la traccia più corposa delle quattro, sfiorando i 35 minuti di durata; ottimo per i masochisti. La sezione ritmica non accenna a cambiar tempo, le vocals ci abbandonano dopo pochi minuti e quei pochi riff presenti a lungo andare perdono inevitabilmente la loro efficacia e il loro fascino oscuro rasentando la noia. I pezzi successivi risollevano fortunatamente, anche se di poco, le sorti dell’album, alternando a ritmi lenti e costanti, altri leggermente più veloci, sostenuti come sempre da un guitar riffing sofferto e nostalgico, ma non particolarmente ispirato, e da uno screaming folle e malato raramente presente. In definitiva, questo “Rakbladsvalsen” è un album sì valido ma forse povero di idee e che tende a restare volontariamente intrappolato nei clichè del genere. Un disco quindi che va ascoltato senza troppe aspettative e che potrà essere apprezzato esclusivamente dai fedeli cultori del depressive; tutti gli altri possono tranquillamente astenersi dalla tortura.
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