Ho avuto grande difficoltà nel recensire questo album degli Abigor, un’autentica pietra miliare del black metal, una perla nera senza tempo, un diamante grezzo destinato a non essere scalfito da alcuna mano impura. La band austriaca appartiene di diritto al ristretto numero dei padri fondatori del genere ed è stata in grado nel corso degli anni di costruire ed affinare una proposta assolutamente inconfondibile pur nella estrema mutevolezza delle proprie manifestazioni. “Verwustung / Invoke The Dark Age” rappresenta uno degli esordi sulla lunga distanza di maggior peso, uguagliato solo da “Dark Medieval Times” dei Satyricon, con il quale condivide le stesse atmosfere epiche e medievaleggianti. La vena melodica degli Abigor appare tuttavia in questo lavoro assai più spiccata rispetto al debut dei norvegesi, donando all’opera quel mood sinistro e perverso che ne costituisce la cifra essenziale. La produzione è piuttosto grezza pur se sufficientemente chiara, con le chitarre registrate a volume molto alto come si usava nei primi anni novanta e gli altri strumenti in secondo piano, anche se distinguibili. Impossibile rimanere indifferenti all’ascolto di nostalgici inni alla disperazione quali “My Soft Vision In Blood” e “Diabolic Unity”, così tetre e sulfuree, con il suono ovattato del timpano in lontananza a creare un feeling mistico e diabolico. Le songs si reggono su un perfetto equilibrio tra sfuriate veloci e gelide e passaggi cadenzati ricchi di pathos tragico, caratterizzati da un riffing evocativo e sognante. Il tutto impreziosito dallo screaming tagliente e demoniaco di Silenius (ora occupato soltanto nei Summoning). Un’opera monumentale, un affresco magniloquente dedicato alle potenze oscure della notte, da possedere obbligatoriamente per tutti gli autentici cultori della nera fiamma.
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