Il connubio tra black metal, post rock e psichedelia, mondi musicali apparentemente così lontani e inconciliabili, è invece una realtà ormai consolidata come genere a sé stante, anche al di là della mera sperimentazione, e ha dato i propri frutti a varie latitudini (penso soprattutto a diversi gruppi statunitensi). Anche il bel paese fa sentire la propria voce in questo ambito dell’estremo con i Necandi Homines, band nata nel 2007, della quale fanno parte membri degli Infernal Angels, inizialmente dedita a sonorità di stampo classicamente raw black metal ma che, dopo l’omonimo demo di debutto pubblicato nel 2012, ha modificato decisamente le proprie coordinate stilistiche per approdare ad un sound affascinante e avvolgente, dal piglio introspettivo e malinconico. Il risultato è questo “Da’at”, edito dall’ucraina Vacula Productions, un album nel quale l’elemento black non è predominante ma si fonde in un equilibrio malsano e alienante con un rock notturno e nebbioso, abbinato ad eleganti suggestioni doom/gothic e ambient, fino a eludere completamente i tradizionali canoni della forma canzone. Questa tensione sperimentale, che ben si accompagna ad un concept dal sapore esoterico legato alla Kabbala ebraica, si manifesta immediatamente fin dall’opener “Memento”, una sorta di dolente invocazione dove lo screaming disperato del singer Discissus si unisce ai vocalizzi, tristi e pregevoli a un tempo, di Federica Priscilla Nicodemo. La bravura dei nostri nel mescolare i generi si palesa pienamente nei due brani portanti dell’opera, ovvero “The Faceless Sculpture” e “Through Deep Waters”, lunghe e tortuose suites nelle quali l’alternanza tra arpeggi distorti, monolitici spaccati black/doom (quasi ai confini del funeral) e fluttuanti tentazioni ambient non concedono all’ascoltatore neppure un attimo di respiro, trattenendolo in una ragnatela grigia, ispessita da derive strumentali che lo trasportano direttamente in dimensioni inesplorate, oscure e ultraterrene, dove i Pink Floyd incontrano Nortt e i Katatonia. Lenti, inquietanti, profondi, ipnotici e disorientanti i Necandi Homines sanno il fatto loro e questo “Da’at” travalica completamente i generi mettendo in mostra un’invidiabile freschezza e varietà compositiva, sogno proibito di molti gruppi ben più blasonati.
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