“INRI” è il classico esempio di album praticamente ignorato, se non addirittura snobbato da critica e pubblico al momento della sua uscita, che nel corso degli anni ha saputo costruire e rafforzare sempre più il proprio alone misterioso di culto, divenendo il punto di riferimento compositivo per centinaia di band sparse per il globo e finendo così per essere riscoperto e rivalutato dagli stessi detrattori della prima ora. Ripubblicato decine di volte (l’edizione in mio possesso è la ristampa ufficiale della Cogumelo Records del 2002 – quella con la copertina “arancione” – contenente varie tracce bonus, tra cui le celeberrime “Recrucify” e “The Black Vomit”, ed alcune versioni live e demo delle song già presenti nella prima stampa del disco) “INRI” è oggi universalmente considerato una pietra miliare per il metal estremo tutto. Concepito in un periodo nel quale le distinzioni tra i vari generi non erano ancora così nette ed invalicabili, questo lavoro è una miscela esplosiva e devastante di black-thrash-death grezzissimo ed esplicito, assolutamente spontaneo e primitivo e per questo estremamente longevo. I quattro ragazzi di Belo Horizonte (vale la pena di ricordarne i nomi: Antichrist alla voce, Incubus al basso, Butcher alla chitarra e D.D. Crazy alla batteria) rielaborano la lezione impartita qualche anno prima dai vari Sodom, Kreator, Slayer, Venom, Bathory e Celtic Frost superando i propri maestri in violenza e blasfemia e dando vita in poco meno di mezz’ora all’album “estremo” per antonomasia della loro decade. Qui tutto è portato all’eccesso senza mezzi termini, dal look dei nostri, fatto di borchie, chiodi, pelle, catene, enormi croci rovesciate e, udite udite, perfino una cresta (splendide e perfettamente in tema con il mood del disco le foto nel cimitero che corredano il booklet), alle lyrics sfacciatamente sataniste ed anticristiane (alla faccia di quanti all’epoca si affannavano a cercare messaggi subliminali nei testi dei vari Kiss e Ac/Dc) ed esagerate all’inverosimile (“I Will Lick You / Of The Feets ‘Till The Head / Making You Fell Torrential Orgasms / Oh Lady Start To Suck Me / Because I’m Ready / I’m Ready To Fuck”), dalle vocals diabolicamente spaventose, vomitate stile grugnito del maiale in agonia, al riffing pastoso e cacofonico che anticipa la zanzarosità tipica del sound black metal pur restando ancorato agli stilemi già collaudati del thrash ed in alcuni casi dell’haevy classico. E tutto questo, signori, ha fatto scuola. I Sarcofago sono gli iniziatori indiscussi di un modo “naif” di intendere la musica estrema, una tradizione proseguita fedelmente da gruppi quali Beherit, Blasphemy e primi Impaled Nazarene, fatta di sangue, sudore, sesso, Satana e canzoni brevissime e letali sparate a mille all’ora, senza fronzoli e inutili orpelli, con l’unico intento di far male e spazzare via ogni cosa. Un album fondamentale ed epocale quant’altri mai, che non può tassativamente mancare nella collezione di ogni devoto cultore della musica nera.
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