Black death violentissimo e iper blasfemo sulla scia di gruppi quali Blasphemy e Beherit (non per nulla omaggiati dalla conclusiva cover di “Salomon’s Gate”): con queste poche parole è possibile riassumere correttamente la proposta degli statunitensi, probabilmente di origine messicana, Morbosidad, già autori di un omonimo debut nel 2000 e di un live album (“Profanando En Vivo”) nel 2003. E la recensione potrebbe anche finire qui perché gli amanti di questo genere di sonorità sporche e putride all’inverosimile sapranno già cosa aspettarsi da questo gruppo e non ci penseranno neppure un istante prima di far proprio questo autentico bagno di sangue in musica, mentre tutti i detrattori ne staranno accuratamente alla larga. Poco più di mezz’ora di marciume allo stato puro, song brevissime e d’impatto, una registrazione grezza che mette in risalto il caos deflagrante messo in piedi dalla band, testi esageratamente satanici (e a tratti involontariamente comici). Questi sono i Morbosidad: prendere o lasciare. Personalmente prendo, non fosse altro che per la passione con cui il gruppo suona e per l’indiscutibile attitudine, qualità oggigiorno sempre più rare, che mi fanno comunque preferire di gran lunga un combo modesto come i Morbosidad, forse confusionario e povero di inventiva e mezzi tecnici ma indubbiamente sincero, onesto e devoto alla tradizione, rispetto ai tanti, troppi buffoni parolai che popolano la scena.
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