In formato vinile limitato a duecento copie, esce per la nostrana e sempre attenta Avantgarde Music questo ep degli australiani Mesarthim, che segue ad un solo anno di distanza il full length di debutto, “Isolate”, di cui sostanzialmente prosegue il discorso musicale senza variazioni particolarmente significative. I nostri, che ci tengono a mantenere il completo anonimato tanto da non indicare né nomi né pseudonimi, sono fedeli al verbo del “deep space black metal” (sottogenere che ha definito ormai da tempo le proprie coordinate stilistiche, musicali e concettuali) e mescolano parti atmosferiche con ampie intrusioni ambientali strutturate su sintetizzatori dal suono freddo e lisergico, senza trascurare qualche oscuro inserto melodico di più ampio respiro. Niente di nuovo sotto il sole, o meglio nel profondo ed angosciante vuoto dell’universo, se non che la band in questione adotta un approccio più crudo e raw rispetto alla media dei prodotti di questo filone, il che è un bene e paradossalmente sottolinea in modo più convincente l’aspetto maggiormente contemplativo e meditativo della loro proposta musicale. Il riffing è fluido ed avvolgente come si conviene al genere proposto e riesce a creare il giusto feeling astrale, ben coadiuvato da una drum machine programmata su ritmi meccanici e martellanti. Inutile citare una song od un’altra perché il disco (come di consueto) è concepito come un viaggio suddiviso in quattro capitoli, che rappresentano altrettante tappe di un percorso attraverso gli immensi spazi interstellari. La band mette in mostra discrete potenzialità ma al momento non si discosta più di tanto dai luoghi comuni del genere: in ogni caso se siete interessati a questo tipo di proposta ed ascoltate con piacere gruppi come Lustre, Darkspace, Alrakis o i nostrani Phobonoid, tra i nebulosi solchi di questo “Pillars” troverete ciò che fa al caso vostro.
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