Nonostante fosse uscito ormai da un po’, non me la sentivo di tralasciare un disco che è riuscito a farsi apprezzare per la sua grande qualità, ovvero il debutto degli svedesi Funeral Mist. L’album prende il nome di “Salvation” ed è un’interpretazione davvero oscura del modo di intendere il Black svedese. Oltre a questo, diciamo che un membro fondamentale del gruppo è Arioch, l’attuale singer dei Marduk che qui, oltre a cantare, suona anche il basso e le chitarre assieme a Nachash. Tornando al disco, la proposta è un veloce e tagliente Black che, nonostante l’indole diretta, riesce ad essere malvagio ed evocativo. Un’ottima fusione tra la perizia distruttiva direttamente riconducibile a gruppi come Marduk e Dark Funeral e l’atmosfera tetra ed opprimente dei primi Mayhem. I pezzi sono spesso veloci, le corpose sfuriate sono intervallate a stacchi strumentali neri come la pece e inserti blasfemi disturbanti. In alcuni frangenti i Funeral Mist sembrano molto simili ai francesi Deathspell Omega di “Si Monumentum…”, tanto per far capire la capacità ti trasporre il nero esistenziale in note dei Nostri. “Salvation” è dotato di una produzione spigolosa, tagliente ma al passo coi tempi, quindi mai troppo affossata o approssimativa. Non tralasciamo, tra blast beats di batteria tanto precisi quanto letali affidati a Necromorbus, sfuriate di chitarre quasi impazzite e inserti blasfemi che dipingono torture e dolore, l’ottima prestazione alle vocals, davvero convincenti ed aliene. Il disco riesce quindi, oltre ad alternare qualche attimo intelligente e tetro con sfuriate violentissime, a conferire a queste ultime sfumature oscure e deviate. Insomma, l’album è complesso, intricato e dannatamente ispirato, un masterpiece che, come detto in apertura di recensione, non dovrebbe essere assolutamente tralasciato.
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