Dopo l’esplosiva doppietta d’esordio (“Black Shining Leather” e “Strange Old Brew”, pubblicati rispettivamente nel 1998 e nel 2000), i norvegesi Carpathian Forest tornano all’attacco con “Morbid Fascination Of Death”, loro terza fatica sulla lunga distanza, che rappresenta a mio giudizio il loro miglior lavoro, con picchi qualitativi che non saranno neppure lontanamente avvicinati dalle prove successive. La line up si è ampliata e modificata con l’ingresso in pianta stabile di Vrangsinn al basso (ma diversi pezzi sono stati registrati dal precedente bassista Tchort) e A. Kobro alla batteria, anche se la vera anima compositiva della band resta formata dalla collaudata coppia Nattefrost / Nordavind, il quale abbandonerà definitivamente il progetto e le scene subito dopo la registrazione di questo disco. I due rappresentano al meglio la duplice natura della creatura Carpathian Forest: Nattefrost il lato più rozzo, aggressivo ed ignorante; Nordavind quello più intimista, misantropico e riflessivo. Ed è questo letale mix di emozioni, atteggiamenti e sentimenti solo apparentemente inconciliabili che ha sempre caratterizzato la musica dei nostri, ai quali vanno riconosciuti almeno due meriti indiscutibili, a livello lirico e musicale. Il primo è quello di aver introdotto e trattato in modo sistematico, fra i primi in ambito black, tematiche legate a perversioni sessuali varie, sadomasochismo e bondage (imitati successivamente da innumerevoli altri), discostandosi così dai più consueti concept a base di satanismo, paganesimo e paesaggi invernali. Il secondo è quello di aver in parte preso le distanze da alcuni luoghi comuni classici del tradizionale sound made in Norway, non rifuggendo da un approccio più rock n’ roll e dall’utilizzo insistito di un riffing dal groove ficcante ed immediato (in pratica il così detto black n’ roll, etichetta oggi tanto abusata ed affibbiata anche a sproposito, l’hanno inventato loro, anche in questo caso abbondantemente copiati). Tutti questi elementi sono presenti al massimo grado in questo lavoro, esaltante e disperato al tempo stesso. Anche se quasi superfluo, non posso esimermi dal citare alcuni pezzi, che qualunque medio fruitore di black metal non potrà che conoscere: in particolare le furiose e graffianti “Doomed To Walk The Earth As Slaves Of The Living Dead”, “Knokkelmann” ed anche la title track sono tra i cavalli di battaglia dell’ensemble scandinavo ed ancora oggi puntualmente riproposte in sede live. E nel solco della violenza trova un senso anche l’autocelebrativa “Carpathian Forest”, pezzo veloce, grezzo e bathoryano, presente nella versione originale nell’ep del 1995 “Through Chasm, Caves And Titan Woods”. Il lato più oscuro ed in qualche modo contemplativo della musica dei nostri è invece rappresentato da brani sofferti come “Warlord Of Misanthropy”, “A World Of Bones” e “Speechless”, che dimostrano una volta di più come si possa fare musica estrema senza necessariamente suonare alla velocità della luce. E poi c’è il sax: strumento notturno ed insinuante quant’altri mai e protagonista assoluto di “Cold Comfort” e della conclusiva “Nostalgia”, veri viaggi compiaciuti nel dolore e nella follia dell’animo umano. “Morbid Fascination Of Death” è un disco che vive di contrasti e si dibatte tra estremi antitetici riuscendo comunque a risultare coeso ed unendo con efficacia tratti sperimentali all’ortodossia: e proprio in questo risiede probabilmente il suo maggior fascino. Chi già lo conosce lo dovrebbe riascoltare almeno una volta al mese; chi ancora non lo conosce è obbligato a rimediare immediatamente. Capolavoro.
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