Ci sono voluti ben otto anni perché i sardi Verbo Nero, attivi fin dal 1998, giungessero all’agognato debutto, otto anni di esperienza (anche in sede live) che certamente hanno giovato ai nostri, consentendo loro di prendere coscienza dei propri mezzi e delle proprie potenzialità e di esordire con un mini cd di tutto rispetto (…e questo sia da monito per tutti quei gruppi che sputano fuori demo a ripetizione dopo una settimana dalla nascita…). La proposta del quintetto nostrano è un interessante e per certi aspetti originale connubio tra sonorità sinfoniche sullo stile dei primi lavori dei gruppi fondatori del genere, Dimmu Borgir su tutti, ed elementi evocativi di matrice folk che richiamano le tradizioni musicali ancestrali della loro terra d’origine, così ricca di leggende e fascino primitivo. L’uso delle tastiere è molto buono, non smorza l’aggressività delle composizioni, comunque caratterizzate da diversi cambi di tempo e di atmosfera, ma anzi dona alle stesse corposità e spessore oltre ad un mood arcano e misterioso. Anche il violino, strumento che incarna, insieme a sporadiche clean vocals, le influenze folk della band, si integra senza forzature nel songwriting dei nostri creando momenti di attesa sospesa alternati a passaggi carichi di struggente tristezza. Qualche incertezza in fase di produzione ha penalizzato la resa sonora di questa release che avrebbe potuto/dovuto essere molto più limpida e chiara. Altro rilievo negativo riguarda, a mio giudizio, la prestazione del singer, poco incisivo tanto nello screaming quanto nel cantato pulito. Si tratta in ogni caso di sbavature che non vanno ad incidere in maniera determinante sulla bontà del risultato finale. I Verbo Nero dimostrano di essere un combo con gli attributi e confermano ancora una volta lo stato di salute di cui gode la scena underground sarda, già al centro dell’attenzione grazie a gruppi quali Locus Mortis e Urna.
