Insieme ai Deafheaven e ai Liturgy (anche loro da poco fuori con il nuovo “The Ark Work”), i newyorkesi Krallice possono a buon diritto essere annoverati – fin dal loro omonimo esordio datato 2008, che resta ad oggi la loro miglior prova – tra gli esponenti di maggior spicco della new wave del post black metal sperimentale made in U.S.A., che negli ultimi anni ha saputo attirare, nel bene e nel male, le attenzioni del pubblico e della critica specializzata, rappresentando quanto meno un significativo elemento di novità in una scena troppo spesso impegnata a volgere lo sguardo esclusivamente al passato. Smussate le velleità eccessivamente autoreferenziali del precedente “Years Past Matter”, in questa quinta fatica sulla lunga distanza la band capitanata dai chitarristi Colin Marston e Mick Barr riesce a sintetizzare in modo più efficace la propria debordante smania avanguardista (lo testimonia anche la durata abbastanza breve dell’album), pur senza rinunciare a travalicare in modo costante i confini del black metal, etichetta che ai nostri è sempre stata evidentemente stretta. O meglio: l’elemento black resta vivo e presente – ad esempio nelle atmosfere meditative ed inquietanti e nell’uso costante di uno screaming roco e possente – ma viene sommerso da dense e diversificate stratificazioni musicali che portano l’ascoltatore molto lontano dai lidi consueti e dai sentieri normalmente battuti. Con un occhio agli ultimi lavori di Ihsahn ed un altro a quelli di Giacinto Scelsi (compositore italiano del secolo scorso, conosciuto soprattutto per le sue ricerche sulla musica microtonale), i Krallice non si pongono particolari limiti e danno libero sfogo al loro songwriting – per fortuna qui concentrato in un minutaggio sostenibile – colmo di sfumature emotive e strutturato essenzialmente su complesse trame chitarristiche, che al di là dei singoli pezzi sembrano quasi dare corpo ad una più organica e raffinata sinfonia complessiva. “Ygg Huur” sarà da alcuni considerato cervellotico ed in effetti scivola a tratti nella compiaciuta volontà di mettere in mostra virtuosismi compositivi ed esecutivi fini a sé stessi ma è comunque lì a dimostrare la tensione creativa di un gruppo al quale non difettano certamente la voglia di osare ed il coraggio di andare per la propria strada, qualità da tenere sempre in considerazione.
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