Il black ’n’ roll è ormai a tutti gli effetti un sottogenere codificato nell’ambito del black metal e riprova ne sono le ultime fatiche dei Darkthrone e, sotto diversi aspetti, dei Satyricon. Anche i danesi Horned Almighty sono riconducibili a questo filone, con un attitudine sporca e grezza accostabile al primo dei gruppi citati e ad altri che fanno della rozzezza e dell’arroganza il loro supremo vessillo, come Nattefrost e Motorhead. Dopo una breve intro dal sapore maestoso, un basso ultra distorto che sembra suonato da sua maestà Lemmy in persona ci introduce a “Glorification Of The Horned Almighty”, vero pugno nello stomaco, e da lì in poi è un susseguirsi di assalti carichi di groove e maleducazione senza soluzione di continuità. Impossibile trattenersi dal muovere la capoccia all’ascolto di perle corrosive e dense di marciume quali la title track o “Malicious Mockery”, ma tutto l’album si mantiene su livelli qualitativi veramente elevati e le songs sono tutte godibili, giocate su un riffing maligno e roccioso ma molto orecchiabile, nel quale le influenze punk si fanno sentire non poco, insieme a suggestioni provenienti in egual misura tanto dalla NWOBHM (Venom su tutti) quanto da certo thrash con un approccio vicino al r’n’r. La sezione ritmica è devastante ed aggressiva, con un basso sempre saturo ed in primo piano ed una batteria schiacciasassi ed il cantato roco e sgraziato è quanto di meglio ci sia attualmente in circolazione nel genere. Gli Horned Almighty, che già mi avevano ben impressionato ai tempi del loro debut “Black Metal Jesus” e dello split in compagnia dei finlandesi Sargeist, dimostrano di aver assimilato al meglio la lezione dei primi Carpathian Forest e la ripropongono con grande personalità, surclassando di gran lunga molti altri gruppi più blasonati dediti alle medesime sonorità e trovandosi assolutamente a loro agio anche alle prese con mid tempo sulfurei e pastosi come “To Despise The Life”. Insomma il gruppo è perfetto sotto ogni punto di vista, anche il look e l’artwork, con l’angelo caduto Lucifero che impugna una chitarra stile Angus Young, sono azzeccatissimi e questo “The Devil’s Music-Songs Of Death And Damnation” è un lavoro superbo che potrà incontrare i gusti tanto dei sostenitori del black più crudo e in your face quanto dei cultori dei Sodom degli esordi. Ultima nota: l’album si chiude con una ghost track, “Forest Of Bones”, tratta dal primo ep della band “In The Year Of Our Horned Lord”. Performing The Devil’s Music!!!
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