Si fa un gran parlare e un grande hype attorno all’ultimo Abigor, quell’ottimo e assolutamente competitivo “Leytmotif Luzifer” che sta calamitando l’attenzione del sottobosco black (e non solo), grazie al suo indiscusso mix di talento e ispirazione, ma spesso anche un’apparente nullità mediatica può levar forte la sua voce al cielo, sancendo coi fatti il suo valore e la propria identità. Sto parlando degli Uziel, gruppo underground polacco depositario di un melodic black/death con pochi eguali. Fresco di stampa (ovviamente indipendente), il loro debutto “Diagnosis F44.3” sprigiona personalità e ispirazione a ogni battuta, inanellando una serie di brani granitici ma dall’incedere esaltante. Merito soprattutto della performance chitarristica (Lukasz Schubert e Piotr Kulesza), una macchina macina riff che riesce a trovare il giusto equilibrio fra aggressività e groove (“Blood Red Mist”, “Thinner Ice”). Costruito attorno alla metafora narrativa dell’internamento psichiatrico, resa attraverso gli intermezzi ambient-noise “Diagnosis”, l’album si dipana seguendo un crescendo d’intensità lirica, convogliato dal clima di dannazione e disperazione generato non tanto e non solo dalla malattia mentale, ma dall’istituzione psichiatrica e relativo indotto, vero inferno di dolore, fisico, morale ed emozionale, in grado di trasformare un uomo, con le sue miserie e grandezze, in un’ombra… Considerazioni concettuali a parte “Diagnosis F44.3” rimane un album di ottimo valore, che vale assolutamente la pena cercare, ascoltare e condividere, perché, senza fare un torto alle blasonate band di punta di settore (miei buoni Abigor, siete promossi a pieni voti), nell’underground continuano fortunatamente ad agitarsi e respirare le più sorprendenti essenze artistiche.
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