Interessante one-man band americana, i Labyrinthine (logo by Christophe Szpajdel) sono la creatura del polistrumentista J. L. (anche con gli altrettanto underground Crypt Sermon), e propongono un connubio fra grumose pesantezze sludge e gelida oscurità black. Avvicinabile per certi versi al math-black nordeuropeo (Deathspell Omega, Dodecahedron, Svartidauði, ad esempio), il modus componendi del progetto risente delle variegate influenze stilistiche che attraversano vari generi estremi, tutti opportunamente declinati al nero in musica, con alcuni validi spunti compositivi. Il risultato è un album, “Ancient Obscurity”, caratterizzato da mid-tempo oscuri e tetragoni, le cui occasionali accelerazioni rappresentano altrettanti picchi tensivi in una narrazione musicale votata alla carestia e all’asfissia. Gli scenari da incubo proposti da J. L sono vagamente lovecraftiani, e sicuramente alieni alla luce e alla vita, come pratiche innominabili di dimenticate religioni proibite. L’incedere liturgico è una delle componenti fondamentali del sound dei Labyrinthine, ben sintetizzato sin dall’opener “Enshrined in Death”, ma anche in “The Ichorous Portal” e “Oath of Divine Doom”. Pur ancora connotato da alcune ingenuità compositive, prima fra tutte una certa ripetitività di fondo, “Ancient Obscurity” gira piuttosto bene sulle basse frequenze dello spettro, e pone solide pietre angolari su cui imbastire un progetto futuro dai solidi lineamenti artistici.
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