I Laetitia In Holocaust sono un gruppo decisamente coraggioso, al quale l’abusato aggettivo “sperimentale” penso possa attagliarsi alla perfezione. Il loro nuovo demo “Lacra Ebenei: 13 – 7” presenta però luci ed ombre, il loro genio creativo é ancora selvaggio e indisciplinato, sembra perdersi tra i molti rivoli spezzati ed incompiuti di una musicalità magmatica che necessita ancora di trovare il proprio definitivo stato di quiete. Queste le mie impressioni, che sono lieto di confrontare con i ragazzi della band dando immediatamente loro la parola e ringraziandoli per la disponibilità dimostrata.
Salve ragazzi. Volete brevemente tracciare la storia del gruppo?
Certo. Laetitia In Holocaust nasce nel 2001, quando proposi ad N. di unirsi a me in un progetto black metal che allora aveva forti connotati misantropici, e che, musicalmente, tentava un approccio personale ma non necessariamente spiazzante. Venne così alla luce “Blood On Humanity”, che concepisco tuttora più come un incontro, che come un disco pronto a darsi ad altri. Eravamo abbastanza immaturi, io riuscivo a malapena a reggere la chitarra, e lo facemmo circolare pochissimo; ricordo un top demo su EUTK (che ancora non riesco a spiegarmi) e una stroncatura clamorosa su Raw’n’Wild (forse un po’ troppo clamorosa). Poi iniziò un periodo di depressione allucinante sia mia che di N.,e si prepararono le basi per quel grosso passo, da cui imparammo molto, intitolato “A Slow Apocalypse”. Quel disco è completamente pazzo. Lo concepimmo invischiati in manie suicide ansiose e destabilizzanti anche fisicamente, creando un lavoro acerbo ma con un feeling, una morbosità ed una genuinità davvero singolari; ci trovammo così fra le mani un album impenetrabile, davvero deviato, raccogliendo stupore e critiche. Ora siamo tornati con “Lacra Ebenei:13-17”.
Laetitia In Holocaust é un monicker ossimorico, che (un po’ come cercate di fare anche nella vostra musica) unisce estremi apparentemente inconciliabili: qual é il suo significato?
Beh ossimorico… diciamo che tale sfumatura agli inizi del nostro percorso musicale era del tutto voluta in quanto, come è già stato precedentemente detto, il nostro intento era dare una giusta colonna sonora ad un drappo di sentimenti del tutto misantropici e fortemente avversi alla vita e all’esistenza in genere; come di consuetudine parallelamente al naturale evolversi della nostra visione filosofica ed esistenziale anche il monicker ha dovuto essere reinterpretato e riletto sotto nuova luce… mi ricordo che ciò avvenne durante il folle processo compositivo di “A Slow Apocalypse” all’incirca. L’apocalisse stessa celebrata nelle otto tracce del nostro full lenght sta ora ad indicare quasi una corsa verso una luce catartica capace di dare compimento al penoso squallore che impregna le nostre vite. Comunque sia, è chiaro che il senso del nostro monicker ha acquistato un atteggiamento del tutto riflessivo e ragionato rispetto a quello degli albori. Ci tengo inoltre a sottolineare come non stia assolutamente ad indicare alcun nostro presunto collegamento con ideologie di stampo nazi-fascista, cosa che un primo e del tutto superficiale sguardo potrebbe indurre a pensare.
Qual é stato il processo compositivo di “Lacra Ebenei: 13 – 17” e a cosa fa riferimento il titolo?
Dunque, i pezzi qui presenti abbracciano un vasto arco temporale, per esempio quasi tutti i riffs di “Pinched Perdition” sono stati composti nello stesso periodo di “A Slow Apocalypse”, e sono stati sottoposti ad un laborioso processo di strutturazione durato più di un anno; vi sono pezzi più recenti come “Erlebnis II” e “ Priverno” e altri composti qualche mese prima di registrare come “Erlebnis I” e “A Gesture Before You Enter The Darkness”, che è stato l’ultimo in assoluto a vedere la luce. Abbiamo prestato molta più attenzione alle strutture dei pezzi rispetto ad “A Slow Apocalypse”, tanto che, almeno alle mie orecchie, risulta più ragionato ed imbrigliato in flussi che tengano conto dell’ascoltatore, tralasciando quel meraviglioso solipsismo che caratterizzava il nostro precedente full. Il titolo accoppia “Lacra”, che è una parola inventata e rimandante ad “acre”e “lacrime”, con “Ebenei”, che è un termine latino significante “ d’ebano”, al maschile plurale; i “Lacra” sono le canzoni stesse, e sono d’ebano, ma il loro valore è nullo in quanto puri oggetti d’esorcismo monouso, incapaci di ergersi a preghiere che sortiscano un effetto autentico: il mondo vivente esiste ancora. Esse sono così numeri, frammenti senza velleità artistiche, che non conoscono arte, ma preghiera inascoltata, e gli stralci incisi in questo lavoro vanno dal 13 al 17, contando i nostri precedenti tentativi.
I testi delle vostre songs sono assai ricercati, vere e proprie poesie piuttosto criptiche e intimiste. Volete dirmi qualcosa di più al riguardo? Componete le vostre lyrics prima e indipendentemente dalla musica e poi adattate questa a quelli o viceversa? Da cosa é motivata la scelta di inserire nel booklet i testi in italiano che vengono in realtà cantati in inglese?
I testi sono autentiche poesie, composte in sedi slegate dal processo di creazione musicale. Traduciamo il testo in inglese poi adattiamo la versione traslata alla struttura del pezzo, esaminando metriche e linee di voce. Preferiamo che la poesia resti in italiano mentre il cantato in inglese per due semplici ragioni: il testo è nato in italiano, e molte delle sfumature e figure retoriche utilizzate sono inconvertibili in inglese, tenendo salda l’integrità dello scritto; l’altro motivo è che, checché ne dicano i soliti nazionalisti da due soldi, l’inglese è MOLTO più musicale dell’italiano, assai più malleabile e fluido, e dato che noi non abbiamo alcuna patria da divinizzare, non vediamo perché perdere i vantaggi dell’inglese per l’anima del cazzo.
In sede di recensione (che avete letto in anteprima) ho elogiato la vostra volontà di tentare di costruire un sound che risulti per quanto possibile personale e riconoscibile, ma ho al contempo sottolineato l’eccessiva dispersività e la scarsa omogeneità delle soluzioni musicali finora trovate. Immagino che non sarete d’accordo con me, vi chiedo quindi come rispondete a questa mia critica…
Guarda, se questa critica si riferisse ad “A Slow Apocalypse” sarei perfettamente d’accordo con te; riferendosi a “Lacra Ebenei:13-17”, la trovo, sinceramente, un po’ inaspettata. Ti dico, non abbiamo fatto nulla in quest’album per risultare particolarmente innovativi, o per stupire, abbiamo solo tentato di fare black metal con riffs freschi e strutture un po’ eccentriche; non ci sono samples, né altri strumenti più strani di una tastiera, e il tutto, almeno per me, suona abbastanza ortodosso senza cadute nell’impersonale o nello scontato (odio i dischi scontati e impersonali). Può darsi che il risultato sia diverso dalle nostre intenzioni, ed è sicuro che l’ascolto che io gli presto sia differente dal tuo, e da quello di chiunque altro che non si chiami S. o N.; sembrerebbe così che il nostro modo di suonare sia sui generis ab origine allora, e ciò lo prendo per un complimento. Senza dubbio le strutture adottate sono piuttosto elaborate, non lineari e perciò più difficili da apprezzare, ma non penso scivolino nel pretenzioso o al livello dell’orpello inutile, come invece capitava per certe soluzioni presenti nel nostro lavoro precedente… Questa è la mia opinione, ma credo ti troveresti in disaccordo anche con altri recensori che hanno ascoltato “Lacra Ebenei…”, senza per questo voler scioccamente sindacare o sbilanciarmi sulle “orecchie” tue e degli altri.
Mi é sembrato di cogliere nel vostro sound suggestioni provenienti dal dark rock e perfino da certo gothic. Questi generi musicali vi influenzano? Quali sono invece le bands che considerate in qualche modo i vostri mentori in ambito prettamente black?
Guarda sinceramente non so dove possano essere colti, all’interno delle nostre composizioni, anche solo sporadici riferimenti al gothic, genere che tra l’altro non ascolto né apprezzo particolarmente. Certamente un soffuso mood di sapore new-wave o meglio dark-wave, riconducibile al nostro amore per i primi lavori di The Cure, Joy Division, e Bauhaus può fare capolino qua e là tra i solchi di “A Slow Apocalypse”, ed è certamente andato a scemare in “Lacra Ebenei…”. Sicuramente l’influenza maggiore deriva dai nostri massicci ascolti di black metal norvegese che, a nostro parere, ha raggiunto le massime vette compositive con le prime opere di Burzum, Mayhem, Satyricon, Darkthrone, Emperor. Per quanto riguarda le produzioni più recenti sono rimasto molto colpito da quanto fatto da Sargeist, Taake e Judas Iscariot, e innegabile è inoltre il fascino che acts bizzarri come Deathspell Omega stanno esercitando su di noi. Altra comunanza di ascolti è data anche da gruppi più squisitamente elettronici come :Wumpscut:, Hocico, Suicide Commando, Velvet Acid Christ, Skinny Puppy, fino ad arrivare a Nordvargr e quindi Mz412. Per quanto mi riguarda poi ascolto tantissimo brutal death/grindcore e altri generi che scavalcano nettamente i confini del metal estremo e che difficilmente riescono a imporsi come “influenza” all’interno del progetto LIH.
Tornando ai vostri testi, mi ha particolarmente colpito quello di “A Gesture Before You Enter The Darkness” che associo alla melodia vagamente orientaleggiante del pezzo, sicuramente il mio favorito. Vi ho percepito una sensualità sinistra e decadente, morbosa e affascinante. Erano queste le emozioni che volevate trasmettere con questa song? In genere quali sono i sentimenti che intendete suscitare nell’ascoltatore con la vostra arte?
Quello da te citato è l’ultimo testo, fra quelli composti da me, ad essere stato inserito nel disco; concettualmente molto complesso, cercherò di accennartene una spiegazione senza per questo mancargli di rispetto. Centrale rispetto al procedere delle vicende simboliche utilizzate è l’immagine di questa donna dal viso placido e fermo; situata in una radura dorata, luogo di Apollo e della trasfigurazione estetica debole, trova circoscritto il luogo della sua azione pietosa dalle oscurità della propria struttura ontologica e dalle fronde frinenti del destino umano. Essa si abbellisce, contorna il suo medesimo essere-per-la-morte davanti allo specchio apollineo che riflette esclusivamente tali ghingheri, assumendoli come effettiva consistenza esistentiva di tale essere sventurato, e sventurato in quanto vivente già da sempre consegnato alla morte che, da vivente, scuote nell’istinto. Tale è la sposa che, muta in quanto bestia abbrutita dalla sorte, sfoggia lo sfarzo e il sorriso di chi ha appena pianto e deve tornare fra la folla, e dell’ombra che, prima di sciogliersi nelle schiume della notte, acquista parola e si vede bellissima per questo, tanto bella da inebriarsi di sé e sparire senza rimpianto. Questa sarebbe solo un’introduzione ad una reale spiegazione del testo, che mi accorgo occuperebbe troppo spazio. Non voglio trasmettere sensazioni particolari, quelle che ciascuno prova mi stanno bene, tanto non le provo io. Vorrei solo che almeno una delle preghiere presenti in “Lacra Ebenei..” si esaudisse, in modo da poter sprofondare assieme all’intera arena, dando luogo finalmente a ciò che io chiamo “trasfigurazione estetica forte”, la catarsi insuperabile.
Ho definito il vostro approccio al black metal raffinato e aristocratico. Concordate con me? Cosa rappresenta per voi il black metal? (Vi prego non datemi la solita risposta scontata, visto che non siete una band scontata…)
Da vocabolario, black metal è un genere musicale con un certo immaginario e determinati stilemi compositivi. Per noi non so sinceramente cosa rappresenti, davvero non lo so. Senza volere ti ho dato la risposta meno scontata che tu ti potessi aspettare…Non so cosa significhi per noi “black metal”, so ciò a cui deve servire, e cioè come punto di partenza per una sorta di processo dialettico di tipo hegeliano, attraverso cui giungere alla Nostra musica, il cui avvento più sconvolgente e compiuto arriverà con la prossima release, già in gestazione. Per quanto riguarda il nostro approccio, penso sia accettabile il tuo punto di vista, di certo non facciamo parte di quei gruppi primitivi ma innocui che oggi vanno tanto per la maggiore…
I Laetitia In Holocaust sono una live band?
Assolutamente no. All’inizio forse la situazione live poteva essere presa in considerazione pur essendo foriera di grandi problemi a livello organizzativo, costringendoci quindi ipoteticamente a cercare dei session… Ma ben presto tale esigenza è andata a scemare, e ora come ora posso dirmi ben felice di non esibire la nostra proposta musicale di fronte a un pubblico. Credo che le nostre note trovino la propria dimensione ideale al di fuori di ciò che è l’ambito concertistico.
Cosa dobbiamo aspettarci da voi per l’immediato futuro? Io ho auspicato un vostro maggiore affrancamento dalle sonorità black che, a mio avviso, vi renderebbe liberi di meglio esprimere la vostra musicalità così complessa e sinuosa, forse un po’ contratta da un genere con delle regole tutto sommato piuttosto ferree come, appunto, il black metal. Cosa mi dite in proposito?
Con una punta di superbia posso dire di credere che la nostra prossima release si rivelerà essere abbastanza avanguardistica rispetto a quanto composto fin’ora, anche se l’incipit di quanto verrà già si cela tra le spire della nostra ultima composizione. Certamente, per la gioia dei nostri recensori, la drum machine sarà presente, anche se utilizzata in un modo diverso rispetto ad ora; in ogni modo preferiamo non anticipare nulla, così magari si crea anche una bella suspence ? .
Bene, vi ringrazio molto a nome di Blackmetalistkrieg. Lascio a voi concludere come credete l’intervista…
Come sempre, succhiateci il cazzo.