Puntuali come da monicker (Winterfylleþ è la parola old-english per “ottobre”), i pagani albionici propongono con “The Divination Of Antiquity” un quarto album denso di suggestioni ed atmosfere non banali, delineate lungo una direttrice proto-britannica utile a incrementare personalità e riconoscibilità. Tendenzialmente siamo nei nebbiosi territori che intersecano i sentieri musicali dei vari Primordial, Fen, Drudkh, altrettanti esponenti di un modo di intendere il black in senso lato, dove l’aggressività sonora non è mai fine a sé stessa, ma sempre misurata in funzione della componente atmosferica e finanche narrativa dei brani proposti. Prova ne è in questo caso l’eccellente “A Careworn Heart“, ricca di quelle suggestive melodie tanto care al genere in questione, che ha rielaborato la lezione di padri del genere come Bathory, Sol Invictus o piuttosto i coevi Agalloch, col beneficio di una resa sonora ricca e dalle molteplici sfaccettature. Rispetto al loro recente passato i Winterfylleth dimostrano positivi margini di crescita, sia a livello prettamente compositivo che di arrangiamento, giocano infatti molto bene con l’alternanza fra pieni e vuoti, acustico e distorto, confezionando di conseguenza una manciata di brani magari non innovativi in senso stretto, ma sicuramente convincenti all’atto pratico, suggestivi, ricchi di pathos e soprattutto avvincenti e avvolgenti all’ascolto.
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