Dopo aver enormemente impressionato critica e pubblico col precedente “Portal Of I” (2012), gli australiani Ne Obliviscaris tornano sugli scaffali con “Citadel”. Difficile approcciarsi a un nuovo album, quando si deve dare continuità a un successo tanto vasto quanto insperato, ma tant’è, anche l’ansia da prestazione fa parte del gioco. E il risultato pare decisamente inficiato in questo senso, a giudicare dal contenuto di questo nuovo lavoro, sotto tutti i punti di vista inferiore e meno convincente. Per tracciare il punto della situazione i cambiamenti più sostanziali sono proprio nel songwriting, confuso, imbolsito e poco lucido, esattamente i pericoli che “Portal of I” aveva brillantemente evitato, al netto della line-up e dei riferimenti artistici. Di più, la mezza dozzina di brani componenti “Citadel” paiono anche meno omogenei e fluidi fra loro, quasi fossero solo un aggregato di idee e abbozzi ancora in corso d’opera, e dunque privi della necessaria coesione, interna ed esterna. Di questi salvo solo “Devour Me, Colossus (Part I): Blackholes”, unico brano che mi ha fatto sperimentare le stesse sensazioni del passato. Dato atto del passo falso artistico, sintetizzabile efficacemente con il concetto di ybris, la tracotanza che comporta il fallimento per eccesso di presunzione. Fra le delusioni dei Ne Obliviscaris 2014 registro anche il cambio di etichetta, che dopo solo un anno con la nostrana Code666 passa il testimone ai marsigliesi di Season Of Mist, che ultimamente non porta molta fortuna agli ultimi arrivati nel roster… Anyway, la speranza è che nel prossimo futuro gli australiani siano in grado di aggiustare il tiro, focalizzando il loro sound come hanno dimostrato ampiamente di saper fare.
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