01-11-2006, Transilvania Live – Milano
Per chi non lo sapesse i Daemonia sono la “nuova” creatura di Claudio Simonetti, mente di quei Goblin che, nel periodo che comprende i tardi anni settanta ed i primi anni ottanta, crearono alcune tra le più paurose colonne sonore che la storia del cinema horror italiano e non solo ricordi. Quelle canzoni, che in alcuni casi ebbero un enorme ed inaspettato successo commerciale e che molti di voi credo ricorderanno, contribuirono in maniera determinante alla buona riuscita delle pellicole di un certo Dario Argento, geniaccio della macchina da presa che tutto il mondo ci invidia, il quale proprio in quegli anni concepiva i suoi maggiori capolavori. Si tratta di musica molto lontana dai canoni del black metal, musica che fa delle tastiere e dei synth i propri strumenti fondamentali, con un approccio vagamente progressive, ma comunque in grado di evocare atmosfere morbose ed un immaginario spaventoso e malato che si avvicina molto, a livello concettuale, almeno a mio parere, al black metal stesso. I Daemonia, nelle cui file militano, oltre al citato Simonetti alle keyboards, Bruno Previtali alla chitarra, Federico Amorosi al basso e Titta Tani, già membro dei Necrophagia, alla batteria, hanno portato in giro per il mondo i pezzi che furono dei Goblin, riarrangiati e “vitaminizzati” in chiave metallica, fino alla realizzazione nel 2001 dell’album dal vivo “Live… Or Dead”, con tanto di orchestra e soprani, e del dvd “Dario Argento Tribute – Live In Los Angeles” di qualche anno successivo.
Tra fumi artificiali ed un buon gioco di luci il gruppo sale sul palco ed apre le danze con l’energica “Demon”, tratta da “Demoni” di Lamberto Bava. I suoni sono precisi e molto netti, non c’è una sbavatura e tutti gli strumenti si sentono e si distinguono alla perfezione. Claudio Simonetti è in gran forma, completamente circondato da ben quattro tastiere e da marchingegni per creare effetti sonori di vario tipo, ride e scherza con il pubblico, prendendo più volte di mira con le sue battute Claudio Baglioni (ma cosa gli avrà fatto?) e crea un’atmosfera decisamente distesa e rilassata, come se stesse suonando davanti ad un gruppo di amici.
La scaletta è quasi completamente incentrata su brani tratti dalle colonne sonore dei film di Dario Argento: si susseguono infatti una dopo l’altra, in un crescendo di pathos e di feeling orrorifico, la stupenda ed emotiva “Opera”, la toccante “Tenebre”, con un giro iniziale di pianoforte davvero da brivido, la macabra “Inferno”, seguita a ruota da “Mater Tenebrarum” (entrambe scritte da Keith Emerson che Simonetti riconosce tra i propri numi tutelari), con possenti voci liriche che invocano le Tre Madri della Tradizione Magica, l’inquietante “Suspiria”, con la voce sussurrata di Simonetti a tessere trame diaboliche, e l’altrettanto angosciante “School At Night”, con la vocina di un bambino malvagio che toglierebbe il sonno a chiunque, seguita dalla potente “Mad Puppet”, caratterizzata da un gran lavoro di basso, profondo e cupo. Non manca qualche puntatina in territori diversi, sempre però in ambito horror: “Halloween”, tratta dall’omonimo classico di John Carpenter, autore anche delle musiche di quel film, “Tubular Bells” di Mike Oldfield, motivo cardine de “L’Esorcista” e niente meno che la “Toccata E Fuga In Re Minore” di J. Sebastian Bach, che avrebbe potuto benissimo essere la colonna sonora di un film horror, con un arrangiamento metal veramente spettacolare. Non manca qualche pezzo tratto da pellicole argentiane più recenti nel segno di una collaborazione proficua che continua nel tempo, come “Non Ho Sonno” ed una versione elettronico-danzereccia de “Il Cartaio”; viene proposto anche un vecchio cavallo di battaglia dei Goblin, “Roller”, molto apprezzata dai presenti. La conclusione è affidata naturalmente alla celeberrima “Profondo Rosso”, preceduta da due assoli magniloquenti e ipertecnici, rispettivamente di Titta Tani alla batteria e di Claudio Simonetti alle tastiere. La band esce di scena e, richiamata dal pubblico, torna per due bis, “Gamma”, pezzo struggente scritto dal padre di Simonetti nonché brano portante della colonna sonora di un noto sceneggiato degli anni settanta e la stupenda “Phenomena”, insieme a “Profondo Rosso” sicuramente il brano più noto dei vecchi Goblin. Oltre settanta minuti di musica di grande spessore proposta da artisti di classe cristallina, per una serata da ricordare. Un plauso sentito al maestro Simonetti, eccellente compositore ed esecutore (quasi trent’anni di carriera costellati di successi non sono un caso), capace di creare con le sue tastiere suoni magici e sognanti, cosmici e avvolgenti, dando corpo e vita agli incubi mostruosi riposti nei meandri più nascosti dell’animo umano. Peccato soltanto per l’assenza di un soprano in carne ed ossa…