Il quartetto francese Plebeian Grandstand, a dispetto di un nome per nulla oscuro o inquietante (it: tribuna plebea), propone un black tecnico e strutturato, vicino, se non altro per sound, alle ultime cose di Deathspell Omega e Svartidaudi. Ampio spazio quindi a poliritmi e melodie sghembe e trasversali, che popolano “False Highs, True Lows” di atmosfere caotiche e ingannevoli, concettualmente a metà strada fra Lovecraft e Dick, per citare due maestri nella costruzione di inquietudini e caos interiore. Il maggior responsabile di questa caratteristica fondante è senza dubbio il chitarrista Simon Chaubard, capace di portare il sound dei ragazzi di Tolosa a un alto livello di complessità e sicuro impatto. Giocando con lucidità la dinamica alternanza di pieni e vuoti, intermezzi atmosferici e assalti di pura violenza metallica, i Plebeian Grandstand dimostrano grande padronanza dell’instabile materia scelta, riuscendo a confezionare brani che non sfigurerebbero affatto su un “Paracletus”, come ad esempio “Low Empire”, “Volition” e “Oculi Lac”. Tecnici e iper-cinetici, ma sempre focalizzati al risultato della forma-canzone, i brani che compongono “False Highs, True Lows” sono sufficientemente bizzarri da interessare gli appassionati delle avanguardie estreme, ma altrettanto aggressivi da non deludere i tradizionalisti del metallo nero. Un’ottima realtà artistica, ancora squisitamente underground (al momento sono supportati dalla piccola indie Throatruiner Records), ma con tutte le carte in regola per imporsi nel panorama globale di genere.
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