A discapito di un monicker non propriamente originale e decisamente abusato in lungo e in largo, dagli anni ’80 in poi, i lituani Inquisitor propongono un avant-garde black metal fresco e interessante, che prende spunto, sia a livello concettuale che lirico, dalla filosofia classica e relative categorie ontologiche ed epistemologiche del pensiero. Non stupisce, in questo senso, che il nuovo album del quintetto della fredda Vilnius, elegantemente intitolato “Clinamen | Episteme”, sfoggi un’imponente proliferazione atmosferica, semantica e simbolica, evocando i momenti più articolati e mutevoli dei vari Opeth, Ne Obliviscaris, Enslaved e Ihsahn, tanto per fare qualche nome noto ai più. Detto questo gli Inquisitor non sono mera e ottusa quantità, ma, al contrario, sono abili e competenti nel mescolare e stratificare con cognizione di causa svariati livelli sonori riuscendo nella non scontata impresa di suonare complessi ma non tracotanti (“Hence The Mouthful Of Time”), articolati senza essere cervellotici (“Peri Hermeneias”). Il risultato finale è quindi un album compatto e vario, a suo modo epico e immaginifico, ma godibile anche sotto il punto di vista del semplice groove metallico, ingrediente tutt’altro che secondario, nell’economia sonora della band. Edito dalla microscopica Forgotten Path Records, “Clinamen | Episteme” è un lavoro pur tuttavia professionale e assolutamente competitivo, e merita quindi spazio e visibilità, che saprà ripagare con altrettanta qualità e longevità d’ascolto.
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