Non mi capita spesso di innamorarmi perdutamente… In generale, ma anche per quanto riguarda la musica. Occorre un particolare incastro di condizioni, una sorta di allineamento astrale di tot. elementi, in presenza dei quali la normalità diventa unicità. Spesso la cosa mi sorprende davvero, come ad esempio nel caso di questi finora (da me) sconosciuti Cara Neir, giovane gruppo di Dallas, TX, scoperto per caso sul sempre provvidenziale e mai troppo lodato Moonlight Gate, e subito entrato di diritto nel roster dei miei ascolti quotidiani, non solo con l’ultimo, splendido ep “The Overwatch”, ma anche con l’altrettanto interessante “Portals To A Better, Dead World” e vari split. Il duo texano (Chris Francis alla voce e Garry Brents agli strumenti) è un particolarissimo incrocio di black, grind e avantgarde metal, tale per cui a tratti sembra di ascoltare i Pig Destroyer, qualche attimo dopo i Darkthrone dei ’90 e nei momenti di (relativa) quiete il tipico sound post-metal del lustro precedente. Ma inutili similitudini a parte, è assai evidente la spiccata personalità dei Cara Neir, nel plasmare il loro cangiante soundscape, inquieto, nervoso e perennemente in divenire. Scorrendo la loro già nutrita discografia si apprezza il costante miglioramento di scrittura e arrangiamento, dagli esordi crust all’attuale incarnazione, decisamente più oscura e black-oriented. “The Overwatch” mostra in questo senso impressionanti squarci di pure tenebre interiori, laddove le schegge impazzite di un “Sublimation Therapy” (2012) riportavano alla mente i parossismi iconoclasti di matrice grind. Due anime profondamente diverse, apparentemente inconciliabili, ma che in realtà si alimentano a vicenda, come benzina e ossigeno sulla stessa identica fiamma. Nera! Un plauso al polistrumentista Garry Brents, in possesso di capacità tanto trasversali quanto complementari, estremamente tecnico ma altrettanto immediato e incisivo, così come al paroliere e vocalist Chris Francis, perfettamente a suo agio con scream, growl e qualsivoglia ritmo di base. Stando così le cose spero davvero che i Cara Neir possano trovare presto lo spazio e la diffusione che meritano, anche perché in questo modo sarebbe ben più facile mettere le mani sul loro materiale anche in formato fisico, cosa che bramo decisamente molto. Nel frattempo massimo rispetto per l’impegno DIY sin qui profuso dai due texani, e profonda considerazione per i brillanti risultati a cui sono pervenuti in così breve tempo.
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