Band torinese attiva dal 2007, con alle spalle un album (“Über Grimlands Düsteren Wäldern” del 2012), due ep e uno split in compagnia di Arcanum Inferi e Northern Tod, i Grimwald giungono con questo “Lux Perit In Tenebris” alla seconda fatica sulla lunga distanza, sempre all’insegna del raw black metal più tradizionalista, legato a doppio filo alla lezione della scuola norvegese della prima metà degli anni novanta. Ascoltando la musica dei Grimwald non si possono non cogliere immediatamente i debiti nei confronti di mostri sacri come Darkthrone, Gorgoroth e Burzum ed anche di altri gruppi meno seminali ma parimenti ortodossi come Evil e Nargaroth (tanto per uscire dalla penisola scandinava): questo però non significa affatto che i nostri siano dei pedissequi imitatori, tutt’altro. Infatti la band formata da Helvoth e Sariel (quest’ultimo anche nei Suspirium), con la partecipazione in questo disco di G. Azelyoth in veste di batterista, dimostra di padroneggiare alla perfezione la materia e di saper costruire con pochi elementi brani solidissimi e dotati di una loro personale identità, introducendo elementi di diversificazione in grado di catturare l’attenzione dell’ascoltatore, a partire dal minutaggio molto variabile dei pezzi, che vanno dai circa tre agli oltre dieci minuti di durata, con ciò che ne consegue in termini di concentrazione e dilatazione dei tempi e delle atmosfere. Il riffing è secco e lineare come si conviene al genere prescelto ma anche estremamente gelido e ficcante come un punteruolo, ben supportato da una sezione ritmica essenziale nel conferire profondità ad un sound che, pur mantenendosi su standard sostanzialmente grezzi, risulta curato e per nulla approssimativo. Ma è nei particolari che si percepiscono quegli elementi di diversificazione di cui si parlava prima: ne sono un esempio l’uso sporadico ma molto intelligente delle tastiere che creano con semplicità squarci ambient davvero evocativi, l’inserimento di variazioni melodiche ossessive e minimali, qualche breve parte cantata/recitata in clean vocals. Nulla di nuovo, intendiamoci, ma l’intento dei nostri non è certamente quello di sperimentare. Del resto tutti gli ingredienti sono ben dosati per dare consistenza ad una pietanza conosciuta agli assidui frequentatori delle sonorità black più incontaminate e devote alla vecchia scuola, che è però sempre piacevole riassaporare, specie se così ben condita. Esempio lampante di quanto appena detto e summa dello stile attuale dei Grimwald è l’opener “Die Forever”, che vede la collaborazione alle guest vocals di M. The Bard dei The True Endless e che è senz’altro il brano che più mi ha colpito. Integerrimi e fedeli alla linea, i Grimwald sanno come si suona black metal: la luce muore nelle tenebre.
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