Primo full length per questa band tedesca, formata per i due terzi da ex membri dei Lunar Aurora, la cui eredità stilistica si fà sentire non poco a livello di songwriting e, sopratutto, di atmosfere. Devo dire sinceramente che, viste le presentazioni roboanti di gran parte della stampa specializzata, mi sono approcciato con una certa diffidenza a questo disco, dovendomi ricredere, ma soltanto parzialmente, dopo alcuni ascolti. Generalmente le bands che nascono come costole di gruppi più o meno famosi e più o meno osannati dalla critica (a volte anche a buon diritto) partoriscono delle schifezze inenarrabili, a prescindere da qualsiasi considerazione di truezza ed attitudine. Fortunatamente non è questo il caso dei Mortuus Infradaemoni, i quali, latino medieval-metallaro a parte, esordiscono con un’opera di autentico e genuino black metal, non eccezionale ma godibile e devoto alla tradizione. Il riffing è molto oscuro e notturno, minimale e malvagio, registrato con suoni sulfurei e gracchianti ma non inascoltabili. Lo screaming è piuttosto effettato e pieno di echi, lacerato e demoniaco, mentre le tastiere, usate peraltro con grande parsimonia, contribuiscono a creare un feeling macabro e ritualistico. Ad esse fà da contraltare un drumming quasi sempre forsennato, davvero polveroso: il tutto ad incorniciare una prova di buon true black metal, lugubre e cacofonico, come si è sentito diverse volte negli ultimi anni, specie in terra di Germania. Qualche debole influenza thrash non manca (come in “In Nebulae Visionis Serpentem”, senz’altro l’episodio migliore del lotto), ma il black rimane l’elemento assolutamente dominante, in questo caso particolarmente malato, nebuloso, decadente e pestilenziale. Una prova dignitosa ma, ripeto, non eccezionale.
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