Debutto sulla lunga distanza per questa giovane one man band nata dalla mente di Lars Jensen, che ci propone un black pesantemente venato di tinte viking e folk ed intriso di romanticismo patriottico (anche se il nostro ci tiene a sottolineare che il suo progetto non ha alcuna connotazione politica). Musicalmente la proposta dei Myrkgrav risulta molto personale, giocata sull’alternanza tra parti più black metal oriented, sullo stile dei primi Enslaved, altre vicine a Falkenbach e Einherjer, anche se meno epiche e decisamente più tragiche e malinconiche, ed altre ancora dal sapore più “progressivo”, ma mai eccessivamente barocche o artefatte. Le sensazioni trasmesse rimandano ad un profondo legame con la Natura maestosa e silente del Nord, alla solitudine riflessiva della campagna ed alla purezza mistica dell’aria mattutina. I pezzi sono fluidi, potenti e dal sicuro impatto, grazie anche ad una produzione chiara e cristallina senza risultare plastificata e ad un songwriting che non presenta cadute di tono per tutta la durata del lavoro. Molto affascinanti il concept e l’aspetto lirico dell’album: tutte le songs sono ispirate a leggende del folklore popolare scandinavo ed i testi sono scritti in ringeriksdialect (una variante arcaica della lingua nazionale norvegese). I temi trattati sono i più vari, dalla cristianizzazione forzata delle popolazioni vichinghe imposta da re Olav (“Olav Tryggvason”), al recupero di canzoni tradizionali danesi (“De To Spellemenn”) e di antichi racconti popolari finlandesi (“Finnkjerringa”). Ottima la prova vocale di Lars, autore di una prestazione molto sentita e sofferta, a tratti teatrale. Quest’opera riesce a coinvolgere anche gli ascoltatori meno avvezzi al genere di sonorità proposte, perché, oltre ad essere sorretta da una buona base strumentale e da un riffing sempre ispirato, trasuda passione e sincerità ed un autentico amore per la terra natia e le sue radici culturali. Un lavoro ben concepito e completo anche sotto l’aspetto visuale (l’artwork traduce perfettamente in immagini le emozioni prodotte dalle note), che non dovrebbe sfuggire ad ogni cultore dell’underground di qualità.
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