Program 4 – Loading Devastation

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Debutto sulla lunga distanza per la nostrana The Oath per gli italiani Program 4, progetto di Alastor Machine, coadiuvato per l’occasione da Vorador alle tastiere e “rumori”. La proposta dei Nostri è evidentemente debitrice degli sperimentalismi più spinti degli Aborym, ma, pur in presenza di qualche buona idea qua e là, il tutto appare assai caotico ed immaturo. Anche se un po’ di sciovinismo non guasta ed è sicuramente lodevole l’intento della The Oath di promuovere in primis le bands del nostro paese, ritengo che i Program 4 non fossero ancora pronti per un full lenght. La registrazione, cupa e fin troppo profonda, non aiuta la fruizione del tipo di musica proposto. La voce è poco più di un rantolo incomprensibile e sempre uguale a se stesso. I loops e le interferenze elettroniche sui quali dovrebbe basarsi, anche concettualmente, il black futurista di questa band, sono spesso sovrastati dalle chitarre, peraltro piuttosto avide di riffs riusciti e coinvolgenti. La drum machine è programmata per quasi tutta la durata del disco su tempi velocissimi e contribuisce notevolmente ad aumentare la sensazione di confusione e caos imperante. Probabilmente era proprio questo l’intento di Alastor Machine: trasmettere all’ascoltatore il senso di disagio carnale e fisico di un mondo apocalittico e disumano, dominato dai computer e dalle macchine. A mio parere però il risultato sperato non è stato raggiunto. Neppure il tentativo di proporre una traccia completamente elettronica, ai limiti della techno (“M.R.E.H.”), è riuscito (“Here Is No God” degli Aborym rimane inarrivabile). Tutti i limiti sopra evidenziati sono percepibili soprattutto nella prima parte del cd. Nella seconda parte le cose migliorano lievemente ed alcune songs riescono anche a farsi apprezzare, come “The Planet Of Sorrow” per le atmosfere plumbee e metalliche che generano nell’ascoltatore un sentore di profonda ed invincibile claustrofobia, e la successiva “Chains Of Death”, molto pesante e cadenzata, che mi ha ricordato vagamente qualcosa dei primi Fear Factory. Ma è troppo poco per risollevare le sorti di un disco che non riesce a raggiungere la sufficienza. Forse con una produzione più nitida e potente o, come oggi si suol dire, boombastic, il prodotto finale sarebbe stato migliore. Bocciati per ora, ma li aspettiamo al varco.