Nyktalgia – Nyktalgia

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1987

Che il depressive black metal sia diventato una sorta di tendenza negli ultimi anni è confermato dallo sconcertante numero di gruppi che si stanno rivelando fedeli adepti di questo filone, intrapreso ormai una decina di anni fa, dai soliti Burzum e Forgotten Woods in primis, e più di recente riarrangiato e portato alla ribalta da Abyssic Hate, Shining etc… E in mezzo a questo calderone zeppo di realtà più o meno interessanti, la solita No Colours Records getta nella mischia anche questi Nyktalgia, trio tedesco che debutta proprio con quest’album omonimo. Dunque mi chiedo, come potrà mai suonare questo disco? La risposta è “fastidiosamente” scontata: canzoni molto lunghe, così ripetitive (forse troppo) da sembrare ossessive, e ciascuna caratterizzata dalla presenza di una misera manciata di riff semplici e dalla melodia triste e disarmante. Quindi proprio nulla di accostabile alla parola “originale”, ma i nostri nei quaranta minuti a disposizione, ci regalano un black metal certamente ben suonato e prodotto magistralmente, rifacendosi soprattutto ai fasti di un certo “Suicidal Emotions” dei già citati Abyssic Hate, ma rispolverando anche i primi anni di carriera dell’ancor più noto Varg Vikernes. L’apertura è degnamente affidata a “Misere Nobis”, che alla fine risulterà essere il pezzo migliore del disco, grazie ad un songwriting certamente ben più ispirato rispetto alla restante parte del lotto, mischiando veloci cavalcate a passaggi decisamente più strazianti e oppressivi, ricordando spesso e volentieri gli Shining di “Whitin Deep Dark Chambers”. Ben diversa è la successiva “Lamento Larmonant”, decisamente più Burzum-style, costruita quindi sul classico ritmo cadenzato e ipnotico, paragonabile a brani come “Spell of Destruction” o ancora “Lost Wisdom”, ma che comunque mantiene il lavoro su livelli più che sufficienti, grazie anche ad una superba interpretazione vocale, sempre in primo piano e caratterizzata da uno screaming acuto e disperato, proprio come impone la tradizione. Le ultime due tracce invece riprendono quanto già detto con la opening-track, muovendosi comunque su livelli differenti. Infatti, mentre “Cold Void” nel suo incedere fin troppo claustrofobico, finisce per rendere l’ascolto non sempre coinvolgente, per via di una proposta spesso scontata e prevedibile, i toni si rialzano con la conclusiva “Exitus Letalis”, che, seppur non brillando per la sua intera durata, mostra parecchi spunti particolarmente interessanti e degni di nota, mentre qua e là aleggiano inquietanti arpeggi di chiara matrice Xasthur. In definitiva, se siete accaniti sostenitori di tali sonorità, probabilmente questi Nyktalgia potrebbero rappresentare per voi una nuova e miracolosa realtà, ma, a mio parere, aldilà della poca originalità, di cui io non sono certo un folle ricercatore, personalmente credo che la pecca maggiore di questo combo sia la mancanza di convinzione, dato che, in più di un occasione, mi è parso che i nostri si siano semplicemente limitati a svolgere il loro compitino senza troppa fatica, e senza utilizzare a pieno le buone risorse di cui dispongono. In altre parole il progetto Nyktalgia, almeno per adesso, non è nulla più che l’ennesimo fenomeno pro-suicidio che irrompe prepotentemente sulla scena, guarda caso proprio negli anni del “boom”, e con un album che può essere considerato soltanto come un ulteriore tassello, non certo fondamentale, nella storia di questo genere musicale, seppur si tratti comunque di un’ opera seria, ben suonata e di tutto rispetto.