Copertina meravigliosamente inquietante per questo ep dei polacchi Mord’A’Stigmata, folle quartetto con alle spalle già tre lavori sulla lunga distanza, oltre a diversi demo. I nostri partono da una base black metal e danno libero sfogo al loro piglio avanguardistico, destrutturando completamente la forma canzone in composizioni complesse e di lunga durata: geometrie sghembe e bizzarre si rincorrono ed il riffing asimmetrico e spezzettato dipinge scenari nebbiosi nei quali l’ascoltatore perde ogni consueto punto di riferimento stilistico. Post black metal? Jazz black metal? Forse queste definizioni potrebbero essere calzanti per la musica dell’ensemble esteuropeo, caratterizzata da amplissime fughe strumentali e da una spiccata componente di improvvisazione estemporanea, che va assecondata se si vuole fruire con piacere di un audio-viaggio pieno di svolte inaspettate: squarci atmosferici, melodie notturne, passaggi psichedelici, scoppi di rabbia che si inseguono circolarmente senza un senso compiuto, in un continuo saliscendi emozionale. Ovvio che il gusto personale e la sensibilità del momento avranno un peso essenziale nell’opinione che ognuno potrà farsi di questo disco ed in generale dell’operato della band, che nel corso degli anni non ha fatto che accentuare la tendenza ad allontanarsi in modo sempre più deciso dai territori del black tradizionale, pur tenendo ferme alcune irrinunciabili scelte di fondo, come uno screaming plumbeo e granitico ed un guitarwork che sa essere all’occorrenza estremamente violento, oscuro ed aggressivo. I Mord’A’Stigmata costruiscono edifici sonori infermi e sofferenti per poi abbatterli e ricostruirli senza soluzione di continuità: c’è il rischio di trovarli pretenziosi ed anche fastidiosi ma, se si entra in sintonia, sarà impossibile non farsi contagiare dalla sottile ansia morbosa che sprigiona dalle note. A voi la decisione.
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