Agli assidui frequentatori della scena black mitteleuropea il nome degli Heimdalls Wacht non risulterà certamente sconosciuto. La band tedesca ha raggiunto con questo “Ut De Graute Olle Tied-Deel Twee (Land Der Nebel)” l’invidiabile traguardo della sesta fatica sulla lunga distanza, sempre all’insegna del sound più tradizionale: ma nel caso dei nostri l’osservanza dell’ortodossia non equivale alla sterile riproposizione di stilemi ormai consunti ma si traduce nella capacità di ricreare quelle atmosfere mistiche che soltanto i capolavori del passato riuscivano a sprigionare con intatta forza espressiva. Il black metal degli Heimdalls Watcht riprende i classici stilemi canonizzati in Norvegia nella prima metà degli anni novanta ma contiene quelle sfumature sonore che lo rendono ora aggressivo ora melodico, ora furioso come una tempesta di neve in pieno inverno ora malinconico come un ricordo straziante. E con quell’irrinunciabile feeling paganeggiante, che talvolta sfocia in squarci di tragica epicità, sin dagli esordi marchio di fabbrica della band oltre che tratto distintivo di buona parte della scena tedesca. Echi di Graveland, Falkenbach, Bathory, Nargaroth e primi Behemoth si rincorrono tra le note, in brani tutti di lunga durata, che trascorrono con naturalezza dalla ferocia più barbarica e violenta a momenti di pensoso intimismo, senza mai perdere un’oncia di ispirazione: dalle chitarre taglienti all’arpeggio acustico, dalle urla folli e laceranti ai cori dolenti in clean vocals, tutto è costruito con grande abilità e consapevolezza dei propri mezzi, a dipingere un quadro a tinte fosche, nel quale il grigio è il colore principale e l’inquietudine il sentimento predominante. Senza tralasciare un certo afflato folk, che talvolta emerge con maggiore prepotenza, ad incupire l’atmosfera piuttosto che ad alleggerirla. In un album già qualitativamente sopra la media, l’autentico picco compositivo è costituito da “Die Fallenden Blätter Der Irminsul”, cavalcata che sfiora i tredici minuti, retta da un riff portante tanto minimale quanto anthemico, capace di stamparsi immediatamente nella testa dell’ascoltatore. Privo di particolari tecnicismi e caratterizzato da una produzione piuttosto grezza (ma tutt’altro che sciatta), questo è un disco fatto di emozioni e stati d’animo e come tale va fruito. Piacerà sicuramente a tutti gli amanti della vecchia scuola.
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