Correva l’anno 1987, sparsi per l’Europa e il continente Americano decine di gruppi devoti al metal più estremo stavano acquistando sempre più fama e popolarità. Per chi non lo avesse capito sto parlando di Bathory, Sodom, Kreator, Slayer, Sepultura, Destruction, e la lista potrebbe tranquillamente continuare, e pochi, pochissimi, in quel periodo così prolifico si accorsero che anche nella nostra bella Italia qualcosa si stava muovendo nel sottobosco, e quel qualcosa risponde al nome di “Into The Macabre” ovvero il debutto in casa Necrodeath. Mille parole sono state spese per questo autentico gioiello uscito ai tempi per Indipendent e poi ristampato nel 1999 da Scarlet in seguito alla tanto amata/odiata reunion del combo nostrano, eppure praticamente tutti, quando si parla di thrash-black metal si dimenticano di menzionare la band di Peso e compagni, e comunque lasciano in disparte questo disco, a riprova di una esterofilia dilagante da parte dei seguaci italiani di questo genere musicale. Ed è un vero peccato perché i Necrodeath con questo incredibile debutto hanno lasciato un marchio indelebile nell’evoluzione del metal più estremo; in fondo non bisogna essere geni per accorgersi che brani come l’opener “Agony/The Flag Of The Inverted Cross” o le mitiche “Mater Tenebrarum” e “Necrosadist” suonano ancora attuali e pesanti come macigni dopo vent’anni dalla loro nascita. E allora premiamo il tasto play sul nostro lettore cd e iniziamo un viaggio nella violenza sonora più assoluta e definitiva, un massacro dalla prima all’ultima nota, nessuna tregua, nessuna pietà, solo una buona mezz’ora di atmosfere sulfuree e grezze, infarcita da accelerazioni sparate a mille perfettamente alternate a rallentamenti al cardiopalma, pur sempre restando su lidi particolarmente piacevoli e coinvolgenti. Insomma, ci sarà pure l’ombra degli Slayer (non a caso i nostri hanno sempre ammesso di essere estremi sostenitori di King e soci), ci sarà qualche richiamo alla scena teutonica, ma se artisti del calibro di Corpsegrinder, Glenn Benton o ancora Dani Filth, citano tra i loro punti di riferimento, nonché album preferiti, il debutto di questa piccola band dell’altrettanto piccola Liguria, forse sarà il caso di cominciare a pensare che qualche mito lo abbiamo anche a casa nostra, senza sforzarsi di cercarli in continuazione nelle distanti e fredde lande della Scandinavia … A questo punto, e per concludere, mi chiedo: forse nel 1987 ai Necrodeath per attirare l’attenzione sarebbe bastato dar fuoco a qualche chiesa… o più semplicemente essere tutti alti, biondi e con gli occhi azzurri?..
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