A quasi tre anni di distanza dal debutto “V.H.E.M.T.”, che aveva destato ottime impressioni di pubblico e critica, tornano alla carica i Gosforth, dopo essere approdati alla Blackmetal.com Records, una delle label a mio avviso più accorte e lungimiranti del panorama underground attuale, con un album di puro ed incontaminato black metal che mette in mostra le ottime capacità compositive del trio nostrano. “Hornlust” richiama le atmosfere sulfuree e maligne delle produzioni dei primi anni novanta grazie ad una registrazione sporca quanto basta e ad un riffing marcio e lugubre che recupera la migliore tradizione nordica di gruppi quali Mayhem o Gorgoroth, rielaborandola alla luce di un’ispirazione che si mantiene costante per tutta la durata del disco. Se nel precedente lavoro risultava agevole cogliere qualche influenza thrash abbastanza marcata, ora i nostri decidono di mutare registro, virando in alcuni momenti verso sonorità putride, lente e fangose, debitrici ad un certo depressive che vede in gruppi quali Burzum e primi Manes i propri numi tutelari. La band fornisce prova di grande maturità nell’equilibrare questo mood avvolgente e perverso con passaggi al fulmicotone, furiosi e molto dinamici, che possono richiamare alla mente i Carpathian Forest dei tempi migliori. Ciò senza rinunciare a qualche sinistra melodia o a qualche apertura acustica e sempre mantenendo alta la tensione, creando un feeling tetro e rituale, da messa nera, quasi palpabile. Tutto l’album si mantiene su livelli qualitativi elevati, ma le vere perle di quest’opera sono “Eternal Curse”, song primordiale e dal groove assassino, e la conclusiva “From Fetus to the Coffin”, un’autentica morbosa litania di morte. I Gosforth sono senz’altro un combo da ammirare, perché ha saputo crescere musicalmente nel corso degli anni, maturando uno stile sufficientemente personale col sudore, la passione e la fatica, senza inutili proclami di facciata, un combo che può ritagliarsi il suo spazio nell’ambito del panorama true black di oggi e di domani, accanto a band affini quali Haemoth e Koldbrann. La scena italica ha bisogno di realtà serie come questa per evitare di sprofondare nel baratro della ridicolaggine totale.
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