Non si può certo dire che i colombiani (o statunitensi, ci sono diverse correnti di pensiero al tal riguardo…) Inquisition, fautori di un black metal feroce dalle tematiche sataniche ed occulte, siano dei novellini. Il duo, composto da Dagon alla voce, chitarra e basso ed Incubus alla batteria, è infatti attivo dal lontano 1988 e, dopo la consueta valanga di demo ed EP, usciti per le più disparate etichette ed in parte autoprodotti, è approdato nel 2004 alla No Colours Records che ha pubblicato il mini “Unholy Inquisition Rites”, limitato a 500 copie e apripista del presente album, il terzo della band, uscito sempre per la label tedesca. Mi chiedo come sia possibile, nonostante l’esperienza accumulata grazie alla lunga presenza sulla scena, che gli Inquisition si presentino ancora con un’immagine (le foto del gruppo all’interno del booklet sono tutto un programma), dei titoli e dei testi di una superficialità e di una piattezza allucinanti che rasentano il ridicolo e spesso sconfinano in una comicità involontaria davvero pietosa. Il tutto, naturalmente, senza un minimo di ironia. Ma questa, si sa, è una pecca di moltissime bands sudamericane, quindi lasciamo perdere e passiamo alla musica. A parte un’outro ambient con le solite invocazioni a demoni vari assolutamente insignificante della durata di ben quattordici minuti, il resto dell’album viaggia su coordinate stilistiche ben delineate e facilmente prevedibili fin dai primi secondi dell’opener. Un black metal selvaggio, furioso, sporcato di thrash e death, nello stile di gruppi quali Blasphemy e Von, tanto per restare nel Nuovo Continente. Pochissime variazioni sul tema, una voce stile grugnito strozzato del maiale morente ed una registrazione che definire casalinga e confusionaria sarebbe davvero un eufemismo completano un quadro decisamente poco incoraggiante. Eppure gli Inquisition riescono anche a tratti, specie nei mid tempos come la title track o la conclusiva “Eternal Loyalty To Our Lord Satan”, a coinvolgere l’attenzione dell’ascoltatore. Ma si tratta di un fuoco di paglia. Album superfluo, se non per gli amanti appassionati ed irriducibili delle sonorità sopra descritte. Passo falso (strano ma vero) per la No Colours.
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