Qualcuno potrebbe, forse troppo affrettatamente, archiviare questo disco come l’ennesimo clone di “Under a funeral moon”. In effetti gli elementi tipici del Darkthrone sound prima maniera in questo lavoro dei Nartvind ci sono tutti: produzione ai limiti dell’ascoltabile, chitarre zanzarose a più non posso che insistono sugli stessi due – tre riffs a canzone, batteria cadenzata, basso inesistente (e in questo caso non è un modo di dire: “no bass was used in this recording”, recita orgogliosamente una nota all’interno del booklet). Tuttavia i Nartvind, duo belga formato da Ghoul alla voce ed alle chitarre e Nihil alla voce ed alla batteria (oltre che autore delle liriche), sanno il fatto loro e sfoggiano, oltre ad un’attitudine indiscutibile, anche una discreta personalità. Questo non è un disco di mestiere, la passione si sente e i Nostri sono in grado di costruire, pur senza strafare e senza uscire dai ristretti limiti del genere che si sono autoimposti, buone trame chitarristiche e di infondere ai pezzi un feeling oscuro e malvagio che oggi manca a tante altre bands ben più blasonate. I Nartvind alternano sapientemente brani veloci (come la doppietta iniziale o il manifesto “Black Metal Mist”) ad altri maggiormente giocati sulle atmosfere sulfuree e su ritmi dall’andamento marziale alla Burzum come la splendida “…Eternally Blessed, Damned… Shall He Suffer” impreziosita anche da vocals sussurrate veramente da brivido, e riescono con facilità a fondere queste loro due anime anche nella medesima song, come accade in “Flowing Blood”, decisamente l’episodio migliore del lotto. “War Propaganda” e “Hail Self Destruction” sono dotate di riffs accattivanti e strutture assai minimali e sembrano prese di peso da “Total Soul Rape” degli svedesi Craft, ai quali in più di un’occasione i Nartvind “rubano” mood ed ispirazione. Il tutto condito da una registrazione rozza ed artigianale che ricorda da vicino quella adottata dai Necrofrost di “Bloodstorms Voktes Over Hytrunghas Dunkle Necrotroner” con un continuo fruscio di fondo (tipo vinile) e pezzi che iniziano e finiscono all’improvviso. Anche l’artwork è in linea con le caratteristiche generali del prodotto: assolutamente scarno ed in rigoroso bianco e nero. In definitiva un lavoro marcio e malsano che sembra uscito direttamente dal putridume underground dei primi anni novanta (i pezzi furono invece composti nel 2001) e che farà la gioia di tutti gli amanti di questo tipo di sonorità.
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