Si dice che la vita è bizzarra a volte; ed è altrettanto vero che, sempre a volte, nei mercatini dell’usato si riescono a trovare i prodotti migliori. Cercavo da parecchio tempo questo album dei finlandesi Soulgrind, il secondo di una foltissima discografia di cui, purtroppo, non conosco i restanti tasselli. Nessun rammarico comunque, perché, almeno in questo caso, il mio acquisto “alla cieca” si è rivelato azzeccato. Ma veniamo alla musica. Il disco si apre con una breve introduzione che già di per sé spiazza l’ascoltatore: melodie armoniose, risatine di bambini che giocano allegramente, il tutto contornato dal sereno cinguettare degli uccelli, in un clima di pace ed equilibrio. Un equilibrio però destinato a spezzarsi dopo pochi secondi con l’arrivo di “Black Orchid” e delle restanti tracce. Ed ecco che, proprio come nella vita, basta veramente poco, in questo caso un riff di chitarra, per spazzare via la nostra felicità tramutando tutto ciò che abbiamo sempre amato in un eterno, tormentato incubo. Oltre un’ora di pazzesco black/doom, lento, pesante, ma nel contempo vario e coinvolgente, grazie ad alcuni geniali sprazzi dal tono “progressivo” e “avantgarde” . L’atmosfera è apocalittica, infernale ed ogni strumento è subordinato ad essa; nessun tecnicismo fine a se stesso (in stile ultimi Arcturus diciamo), anche se le doti compositive dei nostri non sono certo inferiori ai tanto, forse troppo, osannati musicisti norvegesi appena citati. Anche la prova vocale resta uno dei molti punti forti dell’album. Capita raramente di ascoltare un cantante interpretare in maniera così devota le proprie canzoni; vocalizzi di ogni genere, dosati con criterio, sempre molto espressivi, e adeguati al contesto musicale in continuo mutamento. Molto ben riuscite anche le vocals femminili (di cui normalmente non sono un grande estimatore), distanti però anni luce dai classici gorgheggi gotici che mi sanno tanto di “ascoltate quanto sono brava!”; in questo caso difatti la singer Tanya Kemppainen, in arte Whisper Lilith, imposta la sua prestazione su cantilene stregonesche dalla tonalità particolare e perversa, non lontane da alcune soluzioni adottate dai danesi Blodarv, tanto per fare un paragone. Inutile anche parlare di una traccia anziché un’altra, dato che ognuna di esse potrebbe tranquillamente essere considerata la hit del disco. Ci troviamo quindi di fronte ad un capolavoro, un concentrato di musica realmente estrema che forse non tutti sapranno apprezzare, ma che, una volta assimilato, potrebbe essere la colonna sonora perfetta per viaggi lisergici nel cuore delle tenebre. Un album intenso, spiazzante, bizzarro… proprio come la vita!
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