Dopo un lungo silenzio da quel “tributo” ai cari vecchi Mayhem, camuffato da mini cd e intitolato “Mystérion Tés Anomias”, che tanto aveva esaltato gli ascoltatori, ritornano gli Ofermod con il loro Orthodox Death Metal, sempre sotto la consueta Norma Evengelium Diaboli. Scherzi a parte, quel debutto era un perfetto esempio di black metal per certi versi derivativo (d’altronde chi non lo è), ma comunque di ottima fattura, che meritatamente si è guadagnato la fama di cui tutt’ora gode. Ma parliamo del nuovissimo “Tiamtü”: il riffing ispirato a “De Mysteriis Dom Sathanas”, qui è sostituito da una struttura più intricata e complessa, seppur non disdegnando alcuni passaggi più semplici e diretti; in sostanza si può dire che la musica contenuta in questo album è molto debitrice ai Watain e agli Ondskapt, con in più una strizzatina d’occhio al death metal floridiano più cadenzato. L’album è composto principalmente da brani non troppo veloci, dall’incedere quasi doom, privilegiando i mid-tempos alle sfuriate più tipicamente black metal, comunque presenti. Le vocals sono piuttosto nella norma, anche se, alla lunga, leggermente noiose, mentre gran merito va alla prestazione del polistrumentista Michayah Belfagor, impegnato nell’esecuzione di tutti gli strumenti. Niente da obiettare anche sulla produzione, pulita e cristallina senza essere leggera, capace di far captare ogni sfumatura della musica proposta. Eppure, dopo svariati ascolti, quest’album non è riuscito a convincermi del tutto. Innanzitutto le canzoni, pur non avendo una durata proibitiva, non sempre sono riuscite a catturare la mia attenzione, tanto che in più di un’occasione ho avuto la tentazione di premere il temutissimo tasto skip sul mio stereo. In secondo luogo le stesse composizioni non riescono, sempre a mio parere, a trasmettere quell’atmosfera mistica e decadente che in questo particolare filone musicale sta alla base di tutto. Il riffing, difatti, risulta alcune volte piuttosto piatto e anonimo, sfiorando addirittura il plagio in “Dreaming In The Veins Of Kingu”, dove le parti rallentate ricordano in maniera fin troppo evidente ciò che i Morbid Angel scrissero almeno una decina di anni fa. Tra i momenti di spicco citerei senza ombra di dubbio “Khabs Am Pekht”, guarda caso già presente in “Mystérion Tés Anomias”, la cadenzata ma dinamica title-track e “Pralayic Withdrawal”, un sincero omaggio al capolavoro dei Mayhem (e di tutto il black metal), con tanto di voce rituale “pulita”, pattern di batteria velocissimi e melodie luciferine. Il resto però è un alternarsi di alti e bassi, una discontinuità possiamo dire imperdonabile a musicisti in ballo dal 1996, seppur il risultato finale rimanga comunque superiore alla maggior parte delle mediocrità che il mercato estremo oggigiorno ci propone sempre più frequentemente. La mia paura però è che il sottogenere “religious” sia ormai, usando un paragone “esoterico”, come il serpente che divora se stesso: un continuo riciclo di idee che, se agli inizi potevano essere innovative e, soprattutto, ben messe in pratica, oggi non paiono più così lucide e gratificanti per l’ascoltatore. Mi sbaglierò, ma visto le ultime prove non eccelse di mostri sacri come Ondskapt, Watain ed ora anche degli Ofermod, siamo già sulla strada del lento ma progressivo declino… mai come ora mi seccherebbe avere ragione!
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