Dopo il demo d’esordio (“Sangue” del 2010) ed il primo full length (“Sentieri Dimenticati”, pubblicato nel 2012), è tempo della seconda fatica sulla lunga distanza per i lombardi Veratrum, band dedita ad un furioso e quadrato death/black metal, caratterizzato da strutture piuttosto complesse e da numerosi e repentini cambi di tempo e d’atmosfera. Il bagaglio tecnico e la versatilità della band paiono notevoli, dal momento che i nostri spaziano con grande facilità in diversi territori dell’universo musicale estremo: dal death melodico di matrice svedese a certo blackened death metal di scuola esteuropea (tra le influenze più percepibili citerei i Behemoth del periodo mediano, su tutti), fino a lambire i confini del brutal nei momenti di rabbia più scatenata (basti ascoltare la parossistica “Quando In Alto”, sicuramente l’episodio più violento del lotto). L’uso della lingua madre non è certamente una novità assoluta; in ogni caso l’italiano è funzionale alle metriche spezzate e nervose adottate dal singer Haiwas (anche chitarrista), bravo nel passare, all’occorrenza, da un growling urlato e demoniaco a tonalità più gutturali e cavernose, nel declamare liriche di argomento mitologico ed occulto. L’impatto devastante dei pezzi, garantito da una sezione ritmica tellurica e sufficientemente chirurgica (buona la prova di Marchosias al basso e quella di Sabnok dietro le pelli), è la freccia principale all’arco dei Veratrum, che tuttavia non trascurano affatto l’elemento melodico, in evidenza soprattutto nei molti e fulminei solos che costellano l’album. La palma di miglior canzone va, a mio giudizio, a “Il Culto Della Pietra”, furioso assalto all’arma bianca, interrotto da un break centrale più ragionato veramente efficace e riuscito. A conti fatti “Mondi Sospesi” è un lavoro professionale e coinvolgente, che potrebbe consentire al gruppo nostrano di farsi conoscere in ambito underground, soddisfacendo specialmente gli appetiti degli ascoltatori più affamati di violenza.
