“The Obscutiry” è un lavoro partorito originariamente nel lontano 1992 dai polacchi Taranis, che viene oggi riesumato da due etichette semi-sconosciute. Il black metal proposto dai nostri è cupo e particolarmente cadenzato, influenzato in particolar modo dal doom metal di stampo classico, e ricorda in maniera piuttosto evidente i primi Samael (omaggiati anche da una cover) nonché i Beherit più lenti e opprimenti. Il sound è sporco, ovattato, piuttosto profondo e riverberato, fedelissimo dunque alle uscite di quel periodo, nonostante risulti in fin dei conti migliore rispetto agli standard dei demo, probabilmente grazie anche ad un’accurata e professionale ri-masterizzazione del tutto, capace comunque di mantenere intatta l’atmosfera old-school, senza la quale la musica proposta perderebbe molta della propria magia. Le composizioni, come detto, sono lente, per lo più circolari e ripetitive, molto riuscite soprattutto sotto il profilo del feeling; alcune accelerazioni, riservate esclusivamente alla doppia cassa, le rendono certamente più dinamiche, mentre il riffing risulta granitico, monocorde e macabro, lasciando poco spazio a melodie vere e proprie, senza però sfociare nella cacofonia o nella dissonanza assoluta. Degna di nota oltre alla già citata produzione, anche la prestazione vocale, davvero pregevole e sentita, uno scream-growl cavernoso e infernale, ben adatto al contesto mortifero e sulfureo dell’opera. D’altro canto l’eccessiva staticità e l’assenza di elementi di spicco nelle varie canzoni rischiano di far precipitare l’ascoltatore più disattento, o, più semplicemente, meno avvezzo a questo genere, nel baratro della monotonia. Proprio per questa linearità è difficile segnalare un episodio piuttosto che un altro, ma se proprio dovessi sbilanciarmi citerei come migliore del lotto la sesta “Elizabeth” (dedicata, indovinate un po’, a quale contessa…), dove fanno capolino anche alcuni inserti di tastiera piuttosto convenzionali ma nel contempo azzeccati, capaci di creare un mood spettrale e occulto ben adatto al contesto. In definitiva “The Obscurity” rimane un buon lavoro, indicato principalmente ai nostalgici del black-doom degli arbori, un pezzo di underground che non sfigurerà di certo nella discografia dei collezionisti. Da riscoprire.
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