Non ci sono più i dischi di una volta. Con questa semplice e forse banale frase potrebbe essere riassunta la mia recensione riguardante uno dei migliori capolavori del black metal tutto: “March To The Black Holocaust”. Questo disco rappresenta la punta di diamante delle numerose uscite targate Légion Noires, uguagliato probabilmente dai soli Mutiilation musicalmente parlando. Aprono questo split i Vlad Tepes, una delle band più amate dal sottoscritto, che, diversamente da altre uscite discografiche, qui si presentano con una produzione adeguata, grezza ma finalmente bilanciata, tanto che ogni singolo riff risulta chiaro e comprensibile. Il black metal dei nostri è misantropico, oscuro, ma nel contempo ricco di sinistre melodie e passaggi thrash-oriented, unito ad una componente battagliera con fraseggi quasi “folk”, come nella splendida introduzione “Wladimir’s March”, musicalmente non molto lontana dagli Isengrard del ben più noto Fenriz. Proprio questo pezzo credo che possa essere definito senza riserve come il migliore brano introduttivo di sempre, perfettamente amalgamato con la successiva “Massacre Song For The Devastated Land”, decisamente un classico per gli amanti del genere, dalle ritmiche serrate e da un guitar work veramente da brivido. Lo stesso discorso potrebbe benissimo valere per i restanti brani e soprattutto per i 12 minuti di “Drink The Poetry Of The Celtic Desciple”: un’infinita cavalcata nella storia di un genere musicale, un gioiello che qualunque blackster che si rispetti deve conoscere e custodire gelosamente nella propria memoria. In una parola: unici. Compagni di questo split sono i connazionali Belketre, band ancor meno nota, ma non per questo non meritevole di attenzione. I nostri, sempre pionieri di un black metal autentico, tradizionale, puntano maggiormente sull’aspetto più feroce e disperato del genere, dando vita ad una sorta di depressive decisamente più credibile e malsano di quello che viene prodotto oggi da molti gruppi a mio avviso fin troppo osannati. Brani brevi, fatta eccezione per l’opener “Guilty”, si susseguono velocemente in un maelstrom marcio e sulfureo; un feeling che sarà ripreso e riletto in chiave più “moderna” da bands quali Krieg e Leviathan. Il sound dei Belketre è più ostico, complice anche una produzione più malata, ma anche in questo caso non si può non parlare di capolavoro. Vocals infernali e un riffing diabolico danno vita ad una atmosfera tutt’oggi difficilmente raggiungibile, riassumibile nel trionfo della morte sulla vita. Concludendo non mi resta che consigliare l’acquisto a quanti non siano ancora in possesso di questa gemma, augurandomi che siano pochi, poiché posso affermare senza vergogna che “March To The Black Holocaust” è il black metal.
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