Esordio sulla lunga distanza per questa band ungherese che con questo “Into the Chasms of Lunacy” approda finalmente al full length dopo una lunga trafila di demo, split ed uscite in vari formati. Si tratta di un lavoro di buona fattura, nel quale i nostri ci consentono di apprezzare un black metal piuttosto canonico ma abbastanza ispirato, giocato su riff scarni ed essenziali, su brani in mid tempo che raramente sfociano in sfuriate al fulmicotone e su una produzione grezza ma carica di atmosfera. Le maggiori influenze di questo quartetto si possono individuare nel Burzum di “Det Som Engang Var”, ovvero nei primi Manes e Forgotten Woods, senza tralasciare nelle parti più tirate qualche reminescenza dei vecchi Gorgoroth. Ottimi spunti di partenza, che i Vorkuta riescono ad elaborare con sufficiente personalità e convinzione, dando vita a pezzi pregni di pathos e malinconia, tristezza e depressione. Colpiscono nel segno l’iniziale “Gargoyle” e l’autocelebrativa “Vorkuta”, davvero due ottime songs, gonfie di mestizia e rassegnata amarezza, mentre non meno efficaci sono la più veloce “My Flaming Soul” o l’intermezzo ambient “Stardust”, per nulla fuori contesto. Un album di puro e semplice black metal, costruito con gli elementi tipici del genere, che riesce ad emozionare chi in questa musica crede ancora, per la freschezza compositiva e la resa esecutiva. I Vorkuta sono una band sicuramente valida che va a risollevare le sorti di una scena, quella ungherese, ultimamente avida di gruppi interessanti.
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