In un tempo in cui le reunion delle vecchie guardie del metal, estremo e non, sembrano andare molto di moda, è giunta l’ora di ritornare sulle scene anche per una delle band più di culto del panorama metallico italiano, vale a dire i Bulldozer che, dopo una attenta e furbissima trovata commerciale di ristampe dei loro vecchi lavori (con tanto di box limitati), si riaffacciano sul mercato con un full dopo vent’anni da quel “Neurodeliri” che qualcuno di voi certo ricorderà. Lasciando perdere il passato guardiamo al presente e cerchiamo di giudicare il ritorno di Alberto Contini (AC Wild) e soci. La presenza di Andy Panigada, altro membro storico del gruppo, mi faceva ben sperare per questo “Unexpected Fate”, che però, nonostante ripetuti ascolti non riesce a convincermi appieno. Dietro le pelli invece abbiamo Manu, in prestito dai Death Mechanism, band thrash metal che consiglio a tutti di tenere d’occhio. La title track iniziale è sì veloce e tesa, ma non possiede il tiro necessario a cui la band ci aveva meglio abituato negli anni ’80; infatti, se nei primi minuti inizia a far scapocciare, è anche vero che dopo il secondo refrain comincia pure a far sbadigliare: di certo non un buon segno. Le sorti dell’album si risollevano con le successive “Aces Of Blasphemy”, con tanto di cori e comunque divertente da canticchiare, e “Salvation For Sale”, in cui le influenze degli Slayer si fanno sentire eccome, ma per lo meno il brano suona grezzo e ignorante quanto basta per giustificare il nome Bulldozer in copertina. E così l’album prosegue tra riff tutto sommato godibili ma allo stesso tempo già sentiti e banalotti, che non possiedono quella marcia in più che separa i lavori nella norma dai grandi albums. Non è invece cambiata la voce, sempre al vetriolo, velocissima, l’unica cosa che fa ricordare i bei tempi di questa gloriosa band. Non vorrei comunque allarmare i fans dei meneghini: “Unexpected Fate” non è un album disastroso, anzi, la produzione è ben curata, forse anche troppo, i pezzi più veloci sono da headbanging assicurato, e non mancano nemmeno testi “intelligenti”, come in “Micro VIP”, in cui vengono criticate tutte quelle nullità che per sentirsi qualcuno si registrano ai social network tanto in voga in questi ultimi tempi, e che si sentono importanti in base al numero delle loro “amicizie” virtuali. Eppure non so come spiegare, qui manca quell’ironia, quella pazzia, la pornografia e la misoginia, quel “qualcosa in più” che resero immortali album come “IX” e “The Day Of Wrath”. Aggiungete una lunga lista di ospiti speciali per quanto riguarda soprattutto i soli di chitarra, da Olaf Thorsen a Kiko Louriero ed il quadro è completo. Questo è quanto, i Bulldozer sono ritornati e tutti noi ne siamo felici, ma i bei tempi di “Minkions” e “Ilona The Very Best” sono ormai un lontano ricordo. Peccato, per questa volta dobbiamo accontentarci.
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